Comportamento dei consumatori online ed emergenza sanitaria

da | Apr 10, 2020

La pandemia globale modifica il comportamento dei consumatori nelle ricerche online e nell’accesso ai siti web. Come distinguere le anomalie temporanee delle tendenze durature?

Il comportamento dei consumatori nei periodi di crisi è anomalo, per cui i modelli di analisi che governano i processi di marketing automation rischiano di perdere parte della loro capacità descrittiva e predittiva. Lo abbiamo visto a proposito del comportamento nei punti vendita della grande distribuzione, presi irrazionalmente d’assalto dei primi giorni dell’emergenza sanitaria (ne parla Paolo Marone in un post sulla dinamica di approvvigionamento dei punti vendita). Ancora oggi, sorprendentemente, si assiste all’accaparramento di carta igienica nei negozi di grocery a New York e altre città americane. Verrebbe da dire: imprevedibilmente.

Fenomeni analoghi si manifestano nel comportamento dei consumatori in Rete e in particolare nell’andamento delle ricerche online, sia per quanto riguarda i volumi e la loro distribuzione nel tempo (il “quanto” e il “quando”), sia con riferimento ai contenuti (il “cosa”). Siccome le ricerche sono un proxy delle intenzioni, e le intenzioni sono a loro volta un proxy dei comportamenti, si tratta di una dinamica molto significativa.

Bidding automatico: croce e delizia

I dati relativi alla navigazione e alle ricerche degli utenti online danno linfa al processo di bidding gestito dagli inserzionisti tramite le DSPs (demand-side platforms). Il bidding, lo ricordiamo, è l’offerta che l’inserzionista formula per conquistarsi il diritto di raggiungere, con il proprio messaggio pubblicitario, un determinato utente in un determinato momento. Tutto è governato dalla logica dell’asta: le piattaforme di ad exchange valutano le offerte ricevute e decretano i vincitori. Gli algoritmi “studiano” il comportamento dei consumatori e ne ricavano pattern predittivi, da applicare per anticipare le loro scelte, ossia stabiliscono quale combinazione target-annuncio-prezzo può dare il ritorno maggiore per ogni campagna.

La maggior parte degli algoritmi di ottimizzazione del bidding lavora su uno storico di 30 giorni. Se gli ultimi 30 giorni sono stati caratterizzati da volatilità o anomalie di vario tipo nel comportamento dei consumatori online (ricerche e navigazione), il rischio è di lavorare su un dataset fuorviante. È dunque importante, in questa fase molto particolare, provare a rispondere a due domande:

  1. Quali sono i comportamenti anomali?
  2. Come possiamo adattare i modelli di automazione a queste anomalie?

Anomalie? Non tutte fanno tendenza

Per quanto riguarda i mutamenti del comportamento dei consumatori, i fenomeni interessanti sono diversi. È importante distinguere fra trend e anomalie temporanee. Il fatto, per esempio, che l’epidemia di covid-19 causerà verosimilmente un calo della domanda per quanto riguarda i prodotti turistici va trattato come una tendenza, destinata a manifestarsi almeno per sei mesi. Essa si rifletterà ovviamente sul tenore delle ricerche online e degli investimenti pubblicitari. Loop Capital Markets ha previsto per Google un calo del 15% su base annua dei ricavi degli annunci di viaggio nel primo trimestre e un calo del 20% nel secondo trimestre. L’errore consiste appunto nell’isolare un’anomalia ed estrapolarne una tendenza. In teoria la differenza dovrebbe essere chiara. In pratica, però, non è facile distinguere i fenomeni volatili da quelli che si consolideranno. Oggi assistiamo a comportamenti online inconsueti, ma non sempre siamo in grado di dire se si tratta di cambiamenti momentanei o se, viceversa, degli albori di un nuovo paradigma.

Innanzi tutto alcuni osservatori segnalano una diversa distribuzione nelle ricerche e nell’accesso alle risorse online nell’arco della settimana. Sembra cioè essersi ridotta la differenza di traffico fra giorni feriali e fine settimana che si riscontra, in Italia e in altre parti del mondo, per la maggior parte dei siti web. Ovviamente vale anche il contrario. I picchi relativi ai contenuti in genere più gettonati nel fine settimana sono ora molto meno evidenti. Si osservi, per esempio, l’andamento delle ricerche su Google per la keyword ‘pizzeria’ in Italia, dal 9 gennaio al 6 aprile 2020. A parte una significativa diminuzione complessiva dei volumi, salta all’occhio lo smussamento dei picchi nelle giornate di sabato e domenica:

Occhio agli orari

Ma non c’è solo questo. Si registra anche una riduzione dei picchi corrispondenti ai giorni lavorativi e agli orari di lavoro, nonché di quelli che in condizioni normali si manifestavano il venerdì e il sabato sera. A volte le anomalie sono facili da identificare e trovano una spiegazione immediata. È il caso del brusco calo di attività online registrato il 26 marzo 2020, alle ore 20:00, nel Regno Unito. Un calo dovuto alla massiccia adesione della popolazione britannica alla campagna virale #ClapForOurCarers: per alcuni minuti milioni di persone si sono affacciati alle finestre delle loro case per tributare un applauso ai lavoratori del servizio sanitario nazionale. Tutti alla finestra, pochi online, come ha constatato Just Eat:

Diversa è poi la distribuzione geografica delle attività online, a causa della drastica diminuzione dei movimenti pendolari nelle città e degli spostamenti in genere. In particolare nelle zone centrali delle aree metropolitane, dove abitualmente quote consistenti di popolazione non residente convergono ogni giorno, può manifestarsi un calo relativo delle attività online nelle ore diurne, compensato da un proporzionale aumento delle stesse nelle zone suburbane di residenza. I dati resi disponibili da Google in forma aggregata e anonima tramite i COVID-19 Community Mobility Reports ci dicono per esempio che, dal 23 febbraio al 5 aprile 2020, la presenza nei luoghi di residenza in Italia è cresciuta del 24%.

Testa a testa fra ipod e carta igienica

Un ulteriore fenomeno è costituito dalla presenza di tassi di conversione anomali relativi all’offerta di prodotti di cui l’opinione pubblica suppone un’immediata carenza, a prescindere dall’effettiva disponibilità in stock. L’andamento si manifesta sotto forma di picchi e “code corte” che si consumano nel brevissimo termine. Si osservi, per esempio, il confronto fra i volumi di ricerca su Google per i termini ‘apple ipods’ e ‘toilet paper’ negli Stati Uniti dal 10 gennaio al 7 aprile 2020:

Prima dell’emergenza sanitaria i due item avevano un peso analogo. Anzi, in taluni giorni ‘apple ipods’ totalizzava un volume di ricerche doppio rispetto a ‘toilet paper’. Poi c’è stato il picco: nel giro di una decina di giorni, da 4 al 14 marzo, l’interesse per la carta igienica è schizzato verso l’alto, fino a pesare cento volte quello per gli auricolari della Mela. Ovviamente si tratta di un’anomalia e non di un trend.

Fenomeni come questo possono riflettersi anche nelle associazioni fra termini di ricerca e contenuti dei siti web, generate dagli annunci dinamici della rete di ricerca. Dopo l’11 marzo Amazon ha sostanzialmente interrotto tutte le sue campagne basate su annunci testuali, le quali non trovavano alcuna coerenza con i mutati comportamenti e bisogni dei consumatori.

Annunci online meno efficienti

In generale, sembra che il click-through rate (CTR) degli annunci pay-per-click (PPC) sia aumentato da febbraio, soprattutto nelle campagne di ricerca di Google. Questo è, almeno, il dato rilevato dall’agenzia WordStream su un campione di oltre 15mila inserzionisti americani di tutti i comparti. È altresì calato il costo per clic (CPC), ma a farne le spese è stato il tasso medio di conversione (CVR). In sostanza, è scemata l’efficienza della pubblicità online. Trend o anomalia?

Da ultimo, sembra diminuito in misura significativa il numero di ricerche da mobile, perché la gente è chiusa in casa, non si muove e abbandona lo smartphone per navigare con il caro, vecchio PC. Diversi siti parlano di un calo del 25% nel mese di marzo, senza peraltro citare la fonte, e suggeriscono di alleggerire la quota di budget stanziata per il mobile advertising. Altri parlano, in modo davvero precipitoso, della fine dell’approccio mobile-first per come l’abbiamo fin qui conosciuto. Peraltro si nota che il traffico di ricerca potrebbe essere diminuito, seppure in misura meno significativa, anche da tablet e desktop. Tornerà in auge il display advertising? È troppo presto per dirlo. Per ora sappiamo solo che grande è la confusione sotto il cielo. E dunque la situazione è eccellente.

Paolo Costa
Paolo Costa
Socio fondatore e Direttore Marketing di Spindox. Insegno Comunicazione Digitale e Multimediale all’Università di Pavia. Da 15 anni mi occupo di cultura digitale e tecnologia. Ho fondato l’associazione culturale Twitteratura, che promuove l’uso di Twitter come strumento di lettura attraverso la riscrittura.

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