Siresia Bagnoli, Service & UX Designer di Bixuit, ci racconta gli insight emersi all’Interaction 23 di Zurigo.
Interaction 23 è l’appuntamento annuale dedicato all’interaction design proposto da IxDa, l’Interaction Design Association, la più grande community focalizzata sulle esigenze e i problemi della disciplina. L’edizione 2023 dell’evento si è tenuta a inizio marzo a Zurigo ed è stata un invito a ripensare i processi di decision-making che guidano la progettazione della tecnologia, con un focus sulle responsabilità dei designer nelle sfide poste dall’evoluzione tecnologica, dal cambiamento climatico e dallo sviluppo della società, con l’obiettivo di creare un mondo più sano, giusto e inclusivo.
Ha partecipato per noi Siresia Bagnoli, Service & UX Designer di Bixuit, l’atelier di Spindox dedicato all’experience design e al growth hacking.
Siresia, com’è stata la tua esperienza all’Interaction 23?
“La partecipazione all’evento è stata una grande opportunità di confronto su alcune delle tematiche più rilevanti dell’interaction design e del design in generale. Gli argomenti sono stati trattati ad alto livello, ma gli spunti di riflessione e i casi studio mostrati mi hanno permesso, come progettista, di prendere maggior consapevolezza su come si stiano evolvendo il design e il ruolo del designer. L’esperienza all’Interaction 23 mi ha consentito conseguentemente di restituire a Bixuit un quadro di alto livello delle possibili sfide progettuali che ci troveremo ad affrontare”.
E quali sono le prospettive del design del prossimo futuro?
“A questo proposito ho trovato molto significativo il talk di Andreas Markdalen, Global Chief Creative Officer di Frog Design, che ha cercato di tracciare quella che sarà la nuova era del design: Creative AI. In Dadaist Dreamers, Prompt Wars and Sentient Systems in an Era of Infinite Artefacts, Markdalen infatti ha delineato alcuni paradigmi che potrebbero caratterizzare il nuovo modo di operare come designer, secondo cui i tool di AI, non solo saranno in grado di simulare il processo di elaborazione di un progettista, ma avranno anche spazi di co-creazione in cui dialogare con i designer, aiutandoli nel finalizzare l’output e occupandosi di attività ripetitive”.
La nuova era del design: Creative AI (…) i tool di AI, non solo saranno in grado di simulare il processo di elaborazione di un progettista, ma avranno anche spazi di co-creazione in cui dialogare con i designer, aiutandoli nel finalizzare l’output e occupandosi di attività ripetitive
Quindi quale sarà il ruolo del designer?
“Delegando l’elaborazione degli output ai tool di AI, i progettisti potranno concentrare la propria attenzione sulla parte di ricerca qualitativa e di elaborazione degli insight. Il design dovrà inoltre affrontare le nuove questioni poste dal cambiamento, quali l’impatto etico e ambientale dell’AI o come portare innovazione presso i clienti attraverso questi tool o, ancora, la considerazione dell’aspetto emotivo dei prodotti”.
Etica e sostenibilità, dicci di più.
“La tematica dell’etica è stata affrontata trasversalmente da quasi tutti i relatori. La questione evidenziata è stata che, a fronte del cambiamento tecnologico in atto e della rapidità con cui si sta manifestando, il designer non può prescindere dal confrontarsi costantemente con le sfide e le domande poste dall’etica.
Allo stesso modo, non è mancato il tema della sostenibilità ambientale, presente in molti degli interventi e analizzato parallelamente a tutte le fasi del design, dal processo, all’impatto delle varie implementazioni tecnologiche quali robot, macchine e soprattutto intelligenze artificiali”.
Torniamo quindi all’interazione fra design e AI, qual è il futuro della relazione fra i due ambiti?
“Sul tema si sono concentrati molti interventi e nel complesso la questione è stata affrontata da due prospettive complementari: da un lato, come detto, si è visto come il lavoro dei designer possa essere supportato e come possa modificarsi in relazione all’introduzione dell’AI nella progettazione; dall’altro, ci si è focalizzati sul contributo che il design come approccio può dare nello sviluppo delle intelligenze artificiali”.
Le metodologie del design applicate allo sviluppo di AI, qualche esempio?
“Per quanto riguarda il contributo che il design e le sue metodologie possono dare al settore dell’intelligenza artificiale, è stato interessante l’intervento Design Thinking and AI. The new frontier for designing human-centered AI solutions, presentato da Martin Böckle, Strategic designer in BCG X.
Il talk ha evidenziato come l’approccio del Design Thinking possa aiutare data engineers e progettisti nello sviluppo di AI solutions centrate sull’uomo. Böckle ha sottolineato che l’80% delle implementazioni AI non raggiunge la distribuzione sul mercato, mentre quelle che vi riescono non risultano proficue quanto sperato. Ciò, avviene soprattutto perché in fase di progettazione non vengono pienamente considerati i bisogni delle persone che utilizzeranno le soluzioni AI e il contesto in cui queste si inseriranno”.
Quindi cosa cambia con la progettazione di soluzioni AI centrate sull’uomo?
“In un approccio AI human-centered (HCAI approach), l’attenzione viene focalizzata proprio sull’analisi del contesto e sulle necessità umane. In questo senso, Böckle ha preso in prestito il modello di innovazione della 70-20-10 rule, per spiegare come il 70% delle attività e delle risorse dovrebbe essere concentrato sulle persone, il 20% sulla tecnologia e gli strumenti e solo il 10% del lavoro dovrebbe essere svolto su algoritmi e analytics. Seguendo questa distribuzione delle attività nella progettazione di AI solutions, è possibile attivare una trasformazione end-to-end delle stesse.
Il valore aggiunto dall’approccio human-centered, a differenza di una progettazione soltanto tecnica, consiste, infatti, in una miglior accoglienza e maggior adozione delle soluzioni AI da parte del contesto per il quale sono state sviluppate”.
L’attenzione al fattore umano è stata evidenziata anche in altri contesti, ad esempio nell’ambito delle interazioni spaziali. Quali sono le prospettive in questo caso?
“Hideaki Matsui, Design lead e manager di Google, nel suo talk Spatial Interaction – (re)define the relationship between human and computers in physical spaces, ha raccontato il lavoro condotto negli ultimi anni dal dipartimento di Google Assistant nell’ambito della Natural Interaction. In particolare, Matsui ha ribadito il concetto secondo cui la tecnologia dovrebbe assecondare le necessità dell’essere umano e non il contrario. Secondo questo principio, l’obiettivo del team di Google Assistant è stato quello di creare interazioni il più possibile naturali con AI e computer all’interno di uno spazio fisico, passando dalla sola interazione vocale all’interazione spaziale”.
Hideaki Matsui ha ribadito il concetto secondo cui la tecnologia dovrebbe assecondare le necessità dell’essere umano e non il contrario. (…) creare interazioni il più possibile naturali con AI e computer all’interno di uno spazio fisico, passando dalla sola interazione vocale all’interazione spaziale
Spatial Interaction, un nuovo step verso la naturalità dell’interazione. In cosa consiste?
“Il lavoro del gruppo, concretizzato nelle implementazioni ad oggi presenti nei Google Smart Display “Nest Hub”, è partito dallo studio delle interazioni fra persone (human-human) all’interno degli spazi fisici e si è focalizzato sugli aspetti legati alla comunicazione non verbale, come il contatto oculare, le espressioni facciali, i gesti, la postura, il linguaggio del corpo e la prossemica. Prendendo spunto da queste interazioni, attraverso una serie di sensori, il team di Matsui ha trasposto la modalità d’interazione fra esseri umani nell’interazione uomo-macchina (computer o AI). Il risultato è un’interfaccia che si adatta e si modifica in base al volto e allo sguardo della persona, ai movimenti compiuti e alla prossimità in cui si trova”.
Nuove modalità di interazione uguale nuove possibilità di accesso?
“L’implementazione di un’interazione sempre più naturale fra utenti e interfacce, permessa dalla combinazione di modalità di interazione verbali e non verbali, allarga sicuramente le possibilità di fruizione di queste tecnologie in un’ottica di accessibilità. Le capacità adattive e reattive delle interfacce, come il ridimensionamento dei contenuti in base al riconoscimento dell’utente e alla distanza da cui interagisce, oppure il riallineamento di immagini, testi ecc. a seconda dello sguardo della persona, o ancora l’interazione a distanza attraverso i “gesti rapidi” che utilizzano sensori di movimento per recepire i comandi, uniti all’interazione vocale e al contatto (ad es. touch screen), umanizza la tecnologia e la rende molto più accessibile”.
Tanti gli spunti di riflessione lanciati dall’Interaction 23. Nel complesso, quindi, quali credi saranno le sfide che il design dovrà affrontare nel prossimo futuro?
“Dalla conferenza promossa da IxDA è emerso come l’adozione di un approccio human-centered sia ormai inevitabile nei processi di design. La sfida tecnologica che ci si trova davanti come progettisti, sia di AI, sia di robot, prevede proprio che lo sviluppo di questi prodotti o servizi non potrà prescindere dall’adeguarsi alle necessità umane. Da un punto di vista progettuale, ciò significa comprendere a fondo la tecnologia che si ha davanti, il contesto nel quale andrà ad inserirsi e le persone che ne faranno uso”.
Designer come progettisti, ma anche come fruitori di nuove tecnologie. Cosa dobbiamo aspettarci dall’integrazione con tool di AI sempre più autonomi e affinati anche nella realizzazione di output creativi?
“L’ipotesi che si può avanzare è che gli agenti di intelligenza artificiale saranno un supporto per i designer sia nei task meccanici, agevolandone l’automatizzazione, sia nelle fasi creative e di elaborazione degli output. I progettisti, invece, avranno il compito di garantire l’approccio focalizzato sulla sfera umana, con l’obiettivo di dare vita a prodotti, servizi e sistemi in grado di rispondere alle sfide poste dall’evoluzione tecnologica, dal cambiamento climatico e dallo sviluppo della società”.