Pianificazione trasporti: efficienza, innovazione e sostenibilità

da | Mar 19, 2021

Logistica in Italia: scriviamo una storia diversa

Quando il Coronavirus stravolge il mondo, il settore logistica e pianificazione trasporti disegna nuove rotte da tracciare. Nella lunga rete di distribuzione, guidano la sostenibilità ambientale e l’innovazione tecnologica.
Potremmo iniziare questo post dicendo che la pandemia da Covid-19, i vari lockdown e la lunga serie di aperture e chiusure e, conseguentemente, delle molteplici attività economiche, culturali e sociali, che si sono succedute nel corso del 2020 – e che tutt’ora proseguono –, siano la sola causa delle complicazioni del sistema logistico a cui abbiamo assistito durante lo scorso anno. Che i ritardi nelle consegne o l’irreperibilità delle merci, siano alcune delle problematiche possibili se la gestione dei trasporti avviene in maniera imprecisa o se la relativa pianificazione non viene fatta a dovere. Potremmo continuare a parlare di resilienza, ma non lo faremo.

Perché questa è solo una parte della narrazione. Quanto accaduto nel 2020 ha puntato i riflettori sulla logistica e questo non è un limite, ma un’opportunità.

Ivano Russo, direttore generale di Confetra (Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica), ha rilasciato una dura, quanto schietta, intervista a ShipMag, al termine della appena conclusa V edizione del Shipping, Forwarding&Logistics meet Industry.
Un appuntamento annuale dedicato all’incontro tra il mondo della logistica, delle spedizioni, dei trasporti e dell’economia produttiva italiana, con le realtà politico-amministrative del nostro Paese. Una tre giorni di eventi promossi per l’appunto da Confetra, ALSEA e The International Propellers Club, e per quest’anno svoltasi completamente online, dall’8 al 10 marzo scorsi.
Nelle parole di Russo si legge un’aspra considerazione delle pratiche degli ultimi decenni nella logistica del nostro Paese. Ma allo stesso tempo un’incredibile volontà di fare e cambiare la situazione attuale. Di ripartire. E per ripartire è giunto il momento di ripensare la logistica in un’ottica Made in Italy, di scrivere una storia diversa da quella che siamo abituati a leggere. Una storia in cui anche l’Italia possa reinventarsi con creatività e reattività, con una visione nuova che trasformi i suoi punti di debolezza in forza, come ha sottolineato Zeno D’Agostino, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, al già citato appuntamento. Una storia in cui l’Italia possa giocare da titolare nel settore logistica e pianificazione trasporti.

Efficienza, ottimizzazione, organizzazione: cosa non deve mancare mai nel settore trasporti

Sottovalutare l’importanza della logistica significa mostrare il fianco. Secondo Russo, significa decidere che 65 miliardi di euro di fatturato l’anno non sono di interesse per il nostro Paese. «Significa non essere più padroni del destino del proprio prodotto, significa non poter assumere scelte ambientalmente sostenibili in materia di trasporto, spedizione e distribuzione.  Inoltre, una logistica debole e dalla gittata asfittica, non consente al Paese di presidiare concretamente i propri interessi economici nello scacchiere globale del commercio internazionale.»

Nella pianificazione dei trasporti gli aspetti fondamentali e discriminanti sono l’efficienza, l’ottimizzazione dei costi e dei tempi, il rispetto delle finestre di prelievo e consegna pattuiti, l’organizzazione della gestione quotidiana delle attività a livello logistico. Parallelamente, per rendere sostenibile il sistema trasporti occorre puntare al miglioramento dell’efficienza del trasporto stesso all’interno delle catene di approvvigionamento. A livello globale, si compete inoltre sulla gestione dei dati, sul tempo di trasferimento delle informazioni, oltre che delle merci.

Non è un caso se in Ublique abbiamo fatto della pianificazione trasporti una delle soluzioni cardine.

L’industria dei trasporti quanto grava sull’ambiente?

Secondo US Green Techology negli Stati Uniti l’industria dei trasporti è la maggiore fonte di emissione di CO2, seguita dal settore della produzione di elettricità e riscaldamento. Per Transport Geography, l’industria dei trasporti rappresenta infatti il 22% circa delle emissioni di gas serra, di cui il trasporto su strada corrisponde ai tre quarti della quota. Mentre il trasporto aereo e marittimo equivalgono all’11%.
Il più delle volte sono i camion a trasportare la maggior parte dei prodotti e delle merci che utilizziamo. Molti corridoi autostradali registrano elevate quantità di congestione degli stessi e le rotte possono essere estremamente inefficienti. Ricordiamoci poi, che tutto questo traffico produce quotidianamente una quantità di rifiuti che vengono veicolati da una parte all’altra, dal mezzo di trasporto di turno.
Manuela Medoro, analista ambientale di Ecocerved, sostiene che la produzione di rifiuti in Italia relativa ai veicoli su gomma è pari a 200 milioni di tonnellate ogni anno.
Il 20% di queste, viene generato all’interno dello stesso Comune e il 25% degli spostamenti avviene entro i 100 km. L’impatto complessivo in termini di CO2 equivale a 1 milione di tonnellate. Chiaramente tutto ciò non riguarda solo il trasporto su strada. Infatti, se ci si ferma un secondo a pensare, un singolo prodotto può essere trasportato in aereo, via nave, treno o su camion; può fare dei giri incredibili prima di arrivare alla sua destinazione finale, seguendo intricate rotte di distribuzione. Ognuna delle principali modalità di trasporto richiede la propria strategia di mitigazione ma alla base occorre un cambiamento generale e condiviso, economico e certamente culturale. Oggi a causa del Coronavirus abbiamo tutti una maggiore consapevolezza dell’importanza e del ruolo cruciale che hanno la pianificazione dei trasporti e la logistica, a tutto tondo, nella società globalizzata in cui viviamo. Bisogna per questo lavorare anche su un altro tipo di consapevolezza. Quella legata alla necessità di pensare e agire sostenibile.

Green New Deal, NextGenarationEU: o i piani europei per un’economia verde, sostenibile e innovativa

Il Covid è stato sicuramente propulsore dei cambiamenti in atto oggi. Il Green New Deal (GND, o anche detto il Nuovo Patto Verde) è un piano europeo di riforme che mira a eliminare le diseguaglianze economiche e sociali, a rendere sostenibile l’economia dell’Unione Europea, puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica. Il Green New Deal vuole fare del continente europeo, il primo a impatto climatico zero.

In questo senso, il GND è una delle vie percorribili – insieme al piano per la ripresa dell’Europa, NextGenerationEU – per la sostenibilità e l’innovazione tecnologica. Per il 2050 l’UE vorrà – anzi, dovrà – aver raggiunto la neutralità climatica attraverso un piano di azione che coinvolge tutti i settori della nostra economia, garantendo al contempo una transizione equa e inclusiva.

Attraverso la legge europea per il clima, tale impegno politico si trasforma in obbligo giuridico. Sarà quindi necessario, tra le altre cose, sostenere l’industria nella sua marcia verso l’innovazione, introdurre forme di trasporto pubblico e privato sostenibili dal punto di vista ambientale, salutare ed economico; investire in tecnologie rispettose dell’ambiente.

Verso una rivoluzione elettrica del settore trasporti, per un cambiamento radicale del paradigma

Secondo l’Osservatorio sulle tendenze di mobilità, durante l’emergenza sanitaria a partire dallo scorso anno, il traffico stradale di veicoli leggeri ha subito una significativa riduzione (fino all’80% nel periodo marzo-aprile del 2020). Riduzione che a luglio 2020 non era ancora stata del tutto recuperata. «La seconda ondata autunnale di diffusione del Covid-19 ha prodotto impatti sulla mobilità stradale meno marcati rispetto a quelli del primo lockdown, con una riduzione pari al 40%» questo anche in virtù delle differenti misure restrittive adottate in base alle varie zone di colore nelle varie regioni del nostro Paese.

Nel 2020 le immatricolazioni di veicoli a carburante hanno subito un crollo del 28%, pari a 535.000 vetture, di cui:

  • -40,2% diesel,
  • -38,7% benzina,
  • -31,1 % GPL,
  • -18,1 % metano.

Al contrario, la diffusione delle auto elettriche è schizzata a +250%. Secondo Repower, per i mezzi a due ruote si parla di un +268,8% per le biciclette, +125,7% per le moto e +20% per le e-bike.

Nel White Paper 2021 di Repower – ‘La mobilità sostenibile e i veicoli elettrici’ (V Rapporto del 2021) –, entro i prossimi cinque anni i veicoli elettrici diventeranno la scelta più economica in molte parti del mondo, «contribuendo a dare forma alla transizione sostenibile del settore energetico nel suo complesso.»

La mobilità elettrica applicata coinvolge non solo le due o quattro ruote, ma anche i settori marini, aerei, i veicoli pesanti e da lavoro: tutte le tipologie di mezzi di trasporto devono essere coinvolte nella riduzione delle emissioni. Si tratta infatti di settori che influiscono con prepotenza sull’economia mondiale dei trasporti: oltre l’80% del commercio mondiale di merci in termini di volume e oltre il 70% in valore che viaggia via mare, rappresentando circa il 3% delle emissioni globali di anidride carbonica.

Logistica e tecnologia, un binomio imprescindibile

Per fare sì che il sistema logistico rimanga competitivo ed efficiente, il sistema stesso sta cambiando pelle, puntando sulla tecnologia. L’Internet of Things e la Blockchain permettono sia il tracciamento delle merci – in tempo reale e senza bisogno di intervento umano –, sia la lotta alla contraffazione e il monitoraggio della flotta dei mezzi. La Blockchain aiuta inoltre nella gestione dei documenti di trasporto. In sostanza, la logistica e l’attività di pianificazione dei trasporti stanno facendo un uso sempre più intenso delle cryptotecnologie e in parallelo dell’intelligenza artificiale.

La pandemia ha contribuito, ancora una volta, a dare una forte sterzata anche alle modalità di consegna, accelerando molto quella che è la modalità contactless, finanche per i documenti di accompagnamento e per i controlli alle dogane. Ancora una volta grazie all’utilizzo di nuovi strumenti e tecnologie.

Contactless, over-boxing e sostenibilità

Ma «quali problemi di sostenibilità pone il mondo delle consegne?» domanda il Retail Institute Italy a Fausto Caprini, CEO di Retex, società che si occupa di innovazione e tecnologie nel retail.

La questione degli imballaggi è a dir poco preoccupante. Si chiama ‘over-boxing’ e solo negli Stati Uniti vengono spediti 165 miliardi di pacchi ogni anno, come dichiara Caprini. Praticamente parliamo di una quantità di cartone pari a oltre un miliardo di alberi e al 30% dei rifiuti solidi prodotti solo negli Stati Uniti, secondo The Guardian. A questi numeri già allarmanti, vanno ancora aggiunti quelli relativi alle emissioni di CO2 necessarie per trasportare i prodotti contenuti in questi imballaggi. Ma come abbiamo già ricordato, sappiamo che negli USA è proprio l’industria dei trasporti a rappresentare il numero più alto di emissione di gas serra.

Migliorare gli standard di sostenibilità nel settore dei trasporti significa lavorare su tutto questo. Comporta modifiche significative nel modo in cui le comunità si muovono, come vengono spediti i prodotti e le merci, come vengono progettate le rotte di trasporto future. In questo senso le parole chiave dell’oggi sono, e saranno sempre più, transportation planning, route optimization, vehicle routing. Che sono esattamente quelle che caratterizzano Ublique.

Utilizzare un sistema software per gestire gli ordini, pianificare le consegne, ottimizzare i percorsi (meglio conosciuto come Transportation Management System, TMS) comporta vantaggi sicuramente economici. Ma non è tutto. Risponde anche alle necessità, in materia di sostenibilità ed etica, di diminuzione di quel numero di tonnellate di rifiuti prodotti nel tempo che abbiamo riportato qualche riga fa. Per evitare che quel numero continui a crescere esponenzialmente.

Giada Fioravanti
Giada Fioravanti
Quando mi sono iscritta a FB ho usato questa citazione della Dolce Vita per descrivermi: «Sono troppo serio
 
per essere un dilettante, ma non abbastanza per diventare un professionista». Poi mi sono laureata, ho preso 

un dottorato, ho iniziato a lavorare nell’ambito della comunicazione e del marketing e ho capito che si poteva 

essere dei professionisti. L'importante era non prendersi troppo sul serio.

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