Come evolverà l’epidemia da coronavirus responsabile del covid-19? Con ACT OR abbiamo messo a punto un modello.
Da alcuni giorni stiamo testando un modello predittivo sull’evoluzione dell’epidemia da coronavirus SARS-CoV-2, l’agente patogeno del covid-19. Il modello, messo a punto da ACT OR, ha lo scopo di prevedere l’andamento epidemiologico in Italia. Il confronto con i dati diffusi ogni giorno dalla Protezione Civile ci conferma che il modello è affidabile. Per questo abbiamo deciso di rendere pubbliche le nostre previsioni e di metterci a disposizione delle amministrazioni nazionali e locali. Il modello cerca di rispondere in particolare a due domande:
- Qual è il numero di contagi da coronavirus che raggiungeremo a livello nazionale?
- Quando arriveremo a tale numero?
Sono le domande che tutti si pongono, in questo momento. Per noi è importante anche capire l’entità della forchetta, ossia l’ampiezza della possibile oscillazione tra un valore minimo (caso migliore) e uno massimo (caso peggiore) nell’ambito della nostra previsione. Ebbene, le verifiche di questi giorni ci dicono che il valore finale non si sta spostando più di tanto e che la forchetta tra caso migliore e caso peggiore sta iniziando a stringersi.
Doverosa cautela
Ovviamente, nel momento in cui presentiamo la nostra analisi predittiva, l’invito alla cautela è d’obbligo. Il nostro modello è periodicamente aggiornato sulla base dei dati relativi al numero di casi accertati di COVID-19, ovvero tutti i casi in cui il test diagnostico effettuato con il tampone faringeo ha dato esito positivo. Il fatto è che i bollettini quotidiani della Protezione Civile risentono del modo in cui i dati sono raccolti, ovvero della quantità di test effettuati sulla popolazione e dei tempi di lavorazione dei referti da parte dei laboratori di analisi.
Il 26 marzo, per dire, la Ragione Lombardia ha ceduto alle pressioni dei sindaci delle città più colpite – Bergamo, Brescia, Milano – e ha deciso di effettuare quasi il doppio dei tamponi rispetto al giorno precedente. Com’è facile intuire, questo cambio di rotta sui test fa emergere molti casi “sommersi”. È dunque corretto mettere in relazione, come ha fatto Il Sole 24 Ore, il numero di nuovi contagiati giorno per giorno con il numero di test giornalieri, calcolando il rapporto percentuale fra queste due dimensioni.
Più tamponi?
In linea di principio, se avessimo fatto un tampone a tutta la popolazione, il numero dei positivi risulterebbe molto più alto. E sarebbe più alto anche il numero dei guariti, in quanto includerebbe i casi asintomatici che oggi non sono conteggiati. Tutti gli epidemiologi confermano che il fenomeno misurabile è solo la punta di un iceberg e ipotizzano che il numero reale di contagiati da coronavirus sia almeno cinque volte superiore. Il che rappresenta una buona notizia, poiché porta a concludere che il tasso di mortalità del covid-19 è probabilmente molto più basso di quello valutato oggi (si legga, su il Tascabile, la bella intervista rilasciata il 21 febbraio 2020 a Danilo Zagaria da Alessandro Vespignani, professore di Informatica e Fisica alla Northeastern University di Boston, dove dirige il Network Science Institute).
D’altra parte, è poco fruttuoso formulare quotidianamente nuove ipotesi a fronte del numero di casi giornalieri aggiuntivi di covid-19. Si tratta di un dato che è soggetto a troppe oscillazioni dovute a fattori esogeni (per esempio il ritardo nella consegna dei referti o i tamponi ripetuti). Pubblichiamo comunque, qui sotto, anche il grafico relativo all’andamento dei nuovi contagi da coronavirus, giorno per giorno. Anche in questo caso, il nostro modello prevede uno scenario migliore e uno peggiore.
Una possibile evoluzione
Teniamo poi conto che esistono modi diversi di rappresentare i cosiddetti “nuovi casi”. Per chiarire la cosa, ci spieghiamo con un esempio. Supponiamo di avere registrato 10 casi di covid-19 nella giornata di ieri. Se oggi registriamo 6 nuovi contagi e 5 guarigioni, il totale degli ammalati sale a 11 (10 di ieri – 5 guariti + 6 nuovi = 11 attuali). In un certo senso, possiamo dire di avere un nuovo caso, ossia uno in più rispetto ai 10 di ieri. La verità è che i nuovi casi sono 6.
Inoltre anche il nostro, come tutti i modelli predittivi, conferma la sua affidabilità fino a quando i fatti noti non cambiano. Ma i fatti possono cambiare. Supponiamo per esempio che, come sta tristemente succedendo, le politiche di contenimento falliscano e che si registri un nuovo focolaio infettivo in una regione diversa da quelle già colpite in Italia. Se ciò avvenisse, il nostro modello non sarebbe in grado di considerare questo tipo di fenomeno.
Probabilmente non sarebbe nemmeno corretto continuare ad avere un unico modello. In Italia dovremmo parlare di due epidemie di COVID-19 a quel punto e quindi dovremmo iniziare a stimare un nuovo modello. Siccome l’infezione di coronavirus ha un andamento a cluster, tale scenario è purtroppo da mettere nel novero delle possibilità.
Nord, Centro e Sud: tre storie diverse?
Per raffinare il modello abbiamo dunque diviso il territorio nazionale in tre aree (Nord, Centro e Sud), elaborando previsioni distinte per ciascuna di esse. Il risultato è presentato nei grafici riportati qui sotto.