Sei la più bella del mondo: la sostenibilità entra nella Costituzione

da | Feb 11, 2022

Cambiare restando coerenti. Un insegnamento anche per Spindox 

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via 
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie. 
Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. 

E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te” 

Quando Franco Battiato ha scritto il testo della canzone “La cura” forse aveva in mente l’articolo 3 della Costituzione italiana. 

Perché nessuna dichiarazione romantica sarà mai più bella delle parole che i padri costituenti hanno usato per descrivere quello che dovrebbe essere l’essenza dell’amore: supportare la persona cara a raggiungere i propri obiettivi e le proprie aspirazioni. 

Questo è il testo dell’articolo: 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” 

Come un buon padre di famiglia, come una madre amorevole, come l’altra metà di una coppia in cui il bene comune è dato dalla somma delle felicità individuali, così la Repubblica si impegna ad aiutare i propri cittadini nel raggiungere i propri traguardi eliminando gli ostacoli “che incontrerai per la tua via”. 

La formazione, la cultura, la scuola sono una parte fondamentale nel processo di crescita e sviluppo dell’individuo e ne abbiamo avuto una prova tangibile con il Covid, quando la Dad ha fatto emergere le differenze tra chi aveva accesso alle dotazioni tecnologiche adatte a sopperire alla mancanza della didattica in presenza e chi invece subiva lo squilibrio del digital divide e non solo. Ma ha anche dimostrato che la scuola è qualcosa che va oltre la somministrazione dei contenuti e il trasferimento di informazioni: la scuola è anche e soprattutto esperienza relazionale, condivisione di spazi e tempi, per costruire insieme l’ambiente sociale in cui vivere nel rispetto delle regole, dei propri diritti ma anche dei propri doveri. 

“La più bella del mondo”, l’aveva apostrofata Benigni su Rai1 in una lettura dei 12 articoli fondamentali a cui aveva dedicato un particolareggiato commento. Perché per molto tempo, la nostra Costituzione, ormai arrivata a toccare i 75 anni d’età, è stata definita una delle migliori del mondo. Ma è realmente così? 

Non tutti la pensano in questo modo. 

Alcuni ritengono che, essendo il frutto dello spirito del tempo, descrive un momento storico ormai lontano, quello del Dopoguerra, in cui è difficile riconoscersi oggi. Si parla, dunque, della necessità di rivedere, aggiornare, modificare determinati passaggi.  
Uno su tutti, l’articolo 21, quello dedicato alla libertà di espressione del pensiero che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” 

È evidente che il settore dei media è uno di quelli che ha visto forse il maggior cambiamento nel minore lasso di tempo e l’Articolo 21, da solo, al di là delle buone intenzioni che restano attualissime, si dimostra per alcuni aspetti anacronistico. Se si volesse applicare alla lettera il testo dell’articolo, ognuno di noi dovrebbe avere pieno accesso a ogni mezzo di comunicazione come radio, televisione, cinema e giornali, ma sappiamo che il singolo individuo non ha la forza per produrre e distribuire un film in sala, che l’accesso ai giornali è circoscritto ad alcune pagine specifiche in cui si può comunicare mediante lettera, che lo stesso vale per la televisione dove non si può accedere né con facilità né con totale libertà. Internet forse è il mezzo che maggiormente permette questo tipo di espressione, ma anche in questo caso ci sono dei limiti che vanno rispettati. 

Dunque, se per alcuni Articoli il passare del tempo sembra aver messo una distanza, anche culturale e sociale, tra il testo del 1947 e la realtà odierna, su moltissimi altri temi, sembra che il tempo si sia fermato. Tra questi temi rientrano quelli in merito alla parità di genere 

La sostenibilità sociale: un tema ancora attuale, malgrado la costituzione 

Gli articoli 37 e 51 della Carta costituzionale già all’epoca sottolineavano l’esigenza di parificare i generi ed è anacronistico scoprire che ancora oggi ci sia la necessità di ribadire gli stessi semplici, elementari concetti. 

Articolo 37: 

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. […] 

Articolo 51: 

Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. […] 

È solo del 18 novembre scorso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge del 5 novembre 2021, n. 162 in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. 

Questa legge vuole contrastare il salary gap tra uomo e donna e favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, tenuto conto che la differenza salariale annua media percepita in Italia tra uomini e donne è pari al 43,7%. Uno studio diffuso dall’ISTAT, riferito al 2018, ha rilevato che la retribuzione media giornaliera di una donna laureata è pari a 19,6 euro, contro i 23,9 euro degli uomini: ossia ben € 34/giorno, per una giornata lavorativa di 8 ore. 

Una legge, questa del novembre 2021, all’apparenza all’insegna della modernità e del cambiamento che nasconde una voragine culturale che spaventa. È davvero necessaria una legge per incentivare dei comportamenti che dovrebbero essere prassi? È possibile che sia necessario ricorrere al legislatore, con tutti i costi e i tempi che ne derivano, per rendere attuativo un principio enucleato chiaramente già nel 1947? 

Allora dove sta la verità? 

La nostra Costituzione è l’intoccabile pietra angolare su cui si fonda tutto il sistema Italia o una sorta di guida interattiva modellabile e adattabile alle esigenze dei tempi? 

La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. 

La sostenibilità ambientale entra nella Costituzione 

È dell’8 febbraio la notizia che l’Aula della Camera ha definitivamente approvato la proposta di legge costituzionale che modifica due articoli della Carta, il 9 ed il 41, inserendo l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi tra i beni da tutelare. Il testo, essendo passato a Montecitorio con una quasi unanimità di 468 voti a favore, non necessiterà del referendum confermativo. 

Ecco come cambiano i due articoli della Costituzione: 

Articolo 9: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».  

Articolo 41: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali». 

È un adeguamento necessario, che equipara per la prima volta l’ambiente con il patrimonio culturale, ma soprattutto che mette la salvaguardia del pianeta e della biodiversità prima degli interessi economici. 

Cambiare restando coerenti. Un insegnamento anche per Spindox 

Noi di Spindox crediamo nel cambiamento quando è all’insegna della coerenza.  
Pensiamo che i sentimenti nostalgici, rivolti alla vuota conservazione del passato, non permettano di sbloccare le potenzialità dell’innovazione, del dinamismo e della creatività ideativa e fattiva insita nell’avvicendarsi delle generazioni e nello stratificarsi di saperi ed esperienze. Allo stesso tempo, pensiamo anche che il cambiamento non debba essere tradimento dei propri valori, della propria identità, delle proprie origini. La coerenza è lo strumento che utilizziamo per mettere ordine nel caos e fare in modo che ogni elemento di cambiamento produca un progresso, un accrescimento, un contributo per fare meglio facendo di più. 

Il cambiamento, progressivo e coerente, ha portato l’azienda Spindox a diventare gruppo Spindox: un ecosistema di brand che risponde a determinati valori e principi coerenti tra loro. 

Nello specifico: integrazione è il principio fondativo di Spindox con le sue attività di system integration e trasformazione digitale; la guida e il consiglio sono i principi di Dogix, il brand di consulenza IT, il supporto alle decisioni e ai decisori è il fondamento ontologico di Ublique©, la nostra piattaforma di decision intelligence, la visione e la ricerca sono le parole chiave di aHead Research e Spindox Labs, l’ispirazione e la tendenza all’ordine attraverso la bellezza soni i cardini di Bixuit e infine la protezione e la salvaguardia sono gli ambiti di Oplium Italia, perché la sicurezza è la base per la serenità di ogni azione e progetto. 

Come la nostra Costituzione, anche Spindox accoglie i cambiamenti, rimanendo sempre fedele a se stessa e ai principi che l’hanno creata e resa, a parer nostro, la più bella del mondo. 

Giada Fioravanti
Giada Fioravanti
Quando mi sono iscritta a FB ho usato questa citazione della Dolce Vita per descrivermi: «Sono troppo serio
 
per essere un dilettante, ma non abbastanza per diventare un professionista». Poi mi sono laureata, ho preso 

un dottorato, ho iniziato a lavorare nell’ambito della comunicazione e del marketing e ho capito che si poteva 

essere dei professionisti. L'importante era non prendersi troppo sul serio.

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