Data driven marketing: un viaggio nel futuro al Cerved Next di Milano

da | Giu 7, 2019

Quanto siamo guidati dai dati e dalle logiche data driven?

Abbiamo fatto un salto nel futuro. Siamo stati al Cerved Next. Principale evento sulla cultura data-driven in Italia organizzato da Cerved in collaborazione con IAB Italia e ACMI (Associazione Italiana Credit Manager). L’evento, che si è tenuto al Megawatt di Milano – in uno spazio di oltre 3000 metri quadri – ha contato 40 speaker, oltre 30 workshop e 7 corsi di formazione.

Durante la giornata gli speaker che si sono alternati sui diversi palchi hanno parlato davvero di tutto. Del futuro dei modelli di business nel contesto di trasformazione digitale. Dell’evoluzione dei percorsi dei clienti e del cambiamento nella creazione di valore, attraverso l’evoluzione delle tecnologie di marketing. Dell’impatto delle nuove possibilità di accesso al credito e alla finanza nel mondo delle imprese.

La giornata di evento si è articolata in quattro percorsi – con una fitta agenda di interventi e workshop dedicati – focalizzati su quattro aree tematiche.

  • Future of Business: AI, trust economy, big data, data visualization, digital transformation impact
  • Marketing Transformation: Customer Journey transformation, programmatic advertising, SEO e CRO, web analytics, human-based marketing
  • Credit Revolution: PSD2, open banking, alternative lending, fintech, gestione efficace di crediti, UTP e NLP, AI e credito
  • Cerved Academy: corsi sulla gestione del credito e su percorsi di marketing&sales tenuti da professionisti del settore

Tanti – forse troppi – i temi trattati durante la giornata. Noi di Graydee non potevamo che guardare al mondo del marketing. Vi raccontiamo cosa abbiamo visto e sentito all’interno del percorso di Marketing Transformation del più grande evento sulla data-driven economy italiano.

#1 “Media, dati e trasparenza”

Il mercato della pubblicità digitale in Italia

Il primo speaker a salire sul palco è stato Andrea Lamperti – Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – che ha aperto le danze con una bella rassegna di numeri sul mercato pubblicitario nel nostro paese.

Secondo i dati dell’Osservatorio, nel 2018 il valore complessivo del mercato si è attestato oltre gli 8 miliardi di euro di investimenti. Di questi, la televisione ne ha raccolti il 46% e il digitale ha coperto il 37%. Il resto della torta – o meglio, quel poco che ne rimane – si è diviso tra radio e mezzo stampa.

Due in particolare sono gli aspetti sui quali si sofferma Lamperti. Il primo è sull’incombente presenza degli OTT nel mercato e l’altra – tema filo conduttore di tutto l’evento – è l’importanza delle logiche data driven nella pubblicità digitale.

I pesi massimi del digital advertising: OTT e data driven

Sugli OTT non c’è molto da dire. I grandi player come Facebook e Google (cui si aggiunge l’entrante Amazon) catalizzano tuttora la fetta più grande di investimenti del mondo pubblicitario online.

Le logiche data driven hanno spinto molto la crescita del display advertising – circa due miliardi in valore assoluto nel 2018 – negli ultimi anni. La pubblicità display erogata in modalità programmatica, si attesta intorno al 26% a fine 2018, con oltre oltre mezzo milione di investimenti raccolti. Il social advertising, che catalizza circa il 35% del valore complessivo del digital advertising, ha contribuito all’espansione dello strumento pubblicitario online ad un vasto pubblico di inserzionisti (non solo grossi brand, ma anche piccoli e medi inserzionisti).

L’importanza del dato, data enrichment, data company

Ancora numeri. Ancora percentuali. Sempre secondo i dati dell’Osservatorio, in Italia l’82% delle aziende italiana dichiara una buona consapevolezza dell’importanza del dato per le proprie strategie aziendali.

Un terzo delle aziende ha un team dedicato all’analisi dei dati e alla conseguente produzione di insight strategici. Nel mondo delle imprese, il compartimento pubblicitario rimane il primo per rilevanza nell’utilizzo dei dati e delle logiche data driven. Seguono gli ambiti del customer service e del content making.

Due terzi delle aziende analizzate fa uso di pratiche di data enrichment. Integra, cioè, dati di prima parte – raccolti dall’azienda stessa – con dati di seconda e terza parte – raccolti e venduti da altri operatori sul mercato. Un terzo delle imprese considerate utilizza una DMPData Management Platform – per la raccolta e l’organizzazione dei dati in cluster di utenti, per scopi di marketing e pubblicità.

Continuando nell’analisi, l’Osservatorio ha contato 28 data company in Italia. Di queste 28, il 57% sono veri e propri data provider, aziende che vendono dati e tecnologie a terze parti. Mentre il rimanente 43% sono operatori che non vendono dati e tecnologie, bensì spazi pubblicitari associati ai dati di cui sono in possesso.

Tipologie di dati e modelli di raccolta

Nel suo intervento, Lamperti ha ben elencato le diverse tipologie di dato che ogni giorno vengono prodotti, consapevolmente o inconsapevolmente. Esistono dati socio-demografici, che riferiscono ad informazioni su età, sesso, residenza, ecc. Di interesse, che danno informazioni sugli interessi e preferenze degli utenti. Comportamentali, che riferiscono ai percorsi di navigazione degli utenti sul web. Di geo-localizzazione, sulla posizione degli utenti. Dati d’acquisto, che forniscono indicazione sulle possibilità di spesa di un utente. E poi ci sono dati psicografici, relativi ai profili emotivi degli utenti e dati che si rifanno ai percorsi degli utenti in-store.

La raccolta di questi dati può avvenire in logica deterministica o in logica probabilistica. I dati deterministici sono dati certi. Raccolti – per esempio – attraverso i moduli di login o un form. I dati probabilistici sono dati dedotti. Ricavati attraverso sistemi statistici e calcoli probabilistici, che indicano appunto un’informazione probabile, ma non certa, sull’utente.

Blockchain e media transparency

Lamperti chiude il suo intervento con un interessante spunto su blockchain e media trasparency. In una filiera tanto complessa ed eterogenea come quella pubblicitaria, una tecnologia come blockchain – volta a garantire trasparenza tra i partecipanti al sistema– può giocare la sua parte nella lotta contro le frodi e gli opportunismi nel mondo pubblicitario. Non per niente, l’industria dei media è la quinta industria per investimenti in applicazioni blockchain. Dopo finance, logistica, pubblica amministrazione e agrifood.

#2 “Cosa fare – e cosa non fare – con i dati per dare ai clienti un’esperienza sorprendente”

I dati sono sempre stati al centro nel marketing

Simone Lovati – Director di Cerved ON_Marketing Services – ha guidato un interessante quanto avvincente tavola rotonda sull’uso dei dati nelle esperienze di marketing Alice Morrone (CIO Leroy Merlin), Manlio Ciralli (CIO Adecco) e Andreina Mandelli (PhD | Program Director SDA Bocconi).

Secondo Lovati, il mondo del marketing ha sempre vissuto di dati. Anche prima dell’avvento dei cosiddetti big data. Il marketing da sempre vive di dati relativi alle vendite, dati di benchmark e dati relativi a KPI di performance. Il marketing insomma, è sempre stato data driven.

Il cambiamento degli ultimi anni riguarda piuttosto il volume, la tipologia e l’accessibilità ai dati. Rispetto all’era pre Internet produciamo una quantità enorme di dati. I dati che produciamo ci permettono di tracciare ogni singola azione che compiamo online. I dati, sono accessibili a tutti. Chiunque sia in possesso di un account social o di un sistema di analitici per il web può entrare nelle logiche data driven.  

Causation is not correlation

Veniamo al “cosa non fare con i dati”. Ci arriviamo passando per un inciso breve ma simbolico: “Causation is not correlation”. Il fatto che esiste una correlazione tra dati – dice Lovati – non implica che esista una causa. Con l’aumento spropositato nella produzione di dati, sono aumentati in conseguenza errori e bias derivanti da una mala interpretazione degli stessi.

Un altro punto stressato da Lovati nella sua introduzione è l’importanza del commitment da parte dei C-Level aziendali nella lettura dei dati a scopi strategici. È sbagliato demandare questo ruolo alla sola componente marketing o digital all’interno dell’azienda. I dati raccolti sui consumatori permettono la realizzazione di strategie ed esperienze di consumo come mai prima d’ora. E per guidare correttamente questo processo c’è bisogno che i decisori aziendali si muovano in prima persona.

I dati per il mercato del lavoro

Manlio Ciralli, di Adecco Group, ci racconta il punto di vista di una grande realtà a ponte tra la domanda e l’offerta nel mondo del mercato del lavoro. Un mondo dove i candidati sono spesso scostati dalle esigenze delle imprese sulle competenze ricercate e le aziende ricercano sempre più competenze trasversali nelle singole persone. Alla domanda “come Adecco utilizza i dati per guidare le sue strategie”, Ciralli risponde che i dati giocano un ruolo fondamentale nell’attribuzione del valore economico delle singole competenze e permettono di fornire al candidato un quadro del suo livello di occupabilità.

Dati e mondo retail

Alice Morrone, CIO Leroy Merlin, interpellata sull’utilizzo dei dati nel mondo retail, esordisce – tanto per cambiare – con un dato. Il tasso di conversione medio di un e-commerce in Italia varia tra lo 0,1% e l’1%. E tutti gli altri? Il tema – sostiene la Morrone – non è tanto raccogliere dati in quantità industriale, ma trovare il modo di renderli azionabili per il raggiungimento di obiettivi concreti.

Small e big data

Chiude il tavolo Andreina Mandelli, PHD Program Director Digital Communication in SDA Bocconi. La riflessione in questo caso si è spostata sulla distinzione tra small data e big data e sull’importanza della loro integrazione. Il marketing è sempre vissuto di small data (dati di ricerca, survey, ecc…) che rispondono al “perché”. Danno delle spiegazioni sui fenomeni. A questi sono andati ad aggiungersi i cosiddetti big data. Che rispondo al “cosa”. Descrivono quali sono i comportamenti, gli interessi, le caratteristiche e permettono di fare delle assunzioni e dei forecast. Questi due mondi, conclude Mandelli, non devono escludersi. Bensì integrarsi. E permettere a chi lavora coi dati di costruire valore attraverso la loro analisi.

#3 “Data-driven strategies: Programmatic Multi-Channel & Value Proposition”

Il data driven per le pmi

Nexi, Tradelab e Verizon Media si sono sedute a un tavolo per parlare di come le logiche guidate dai dati stanno ridisegnando in ottica omnicanale l’offerta e la proposta di valore delle imprese.

Andrea Piccioni – Strategy e Innovation Director di Nexi – ha spiegato come il nuovo operatore PayTech stia accompagnando e supportando le pmi italiane nei loro processi di digitalizzazione. Offrendo servizi tradizionalmente appannaggio di grandi corporate, a piccole e medie imprese. Lo fa attraverso servizi come il Nexi smartpos, che permette non solo l’accettazione di pagamenti ma anche la gestione del registro di cassa, oppure attraverso l’applicazione Nexi Business, piattaforma di analytics e monitoraggio delle transazioni per gli esercenti.

Tre pilastri per la pubblicità digitale

Corrado Massaro – Sales Director di Verizon Media – racconta di come i contenuti pubblicitari stiano vivendo un progressivo spostamento e mutamento da contenuti interruttivi (pensiamo ad un banner che interrompe la navigazione) a contenuti nativi (che si inseriscono naturalmente nei feed di navigazione degli utenti). Approccio nativo, logiche data driven e ambienti premium – secondo Massaro – sono i punti di maggiore attenzione per una filiera, quella pubblicitaria digitale, in forte crescita.

La rivoluzione del programmatic e i nuovi modelli di attribuzione

Chiude il roundup Gaetano Polignano – Country Manager in Italia di Tradelab – il quale, ha le idee molto chiare sul mondo del programmatic. Polignano parla di una vera e propria “rivoluzione” nel mondo pubblicitario. L’avvento del programmatic ha scardinato vecchie logiche e modelli esistenti nel mondo dell’Internet advertising.

I nuovi operatori hanno il compito di gestire razionalmente il budget, implementare le tecnologie e analizzare i risultati delle campagne. I dati socio-demografici sono sempre meno utili, il reale valore per fornire il giusto messaggio, alla giusta persona, nel giusto momento, risiede nelle intenzioni espresse dagli utenti e dallo studio dei loro percorsi di navigazione.

Un ulteriore punto di attenzione – secondo Polignano – è relativo la misurazione dei risultati di una campagna pubblicitaria. Il diffuso modello “last clic”, che attribuisce il valore della vendita all’ultimo clic (su un banner per esempio) è obsoleto. A domanda rivolta ai presenti in sala “quanti di voi hanno acquistato dopo aver cliccato su un banner”, si è levata una mano. Su un centinaio di persone presenti.

Polignano sottolinea la necessità di costruire modelli di attribuzione customizzati che attribuiscano il corretto valore a tutti i touchpoint nel viaggio dell’utente verso la conversione. L’approccio che indica è quello dell’A/B testing. Stessa proposta di contenuto pubblicitario a pubblici diversi, per valutarne l’efficacia. In generale, modelli di attribuzione efficaci, devono tenere conto della complessità e della varietà di cui si compone il customer journey dell’utente attuale.

Valeria Vitale
Valeria Vitale
Ariete ascendente Leone, ma sono anche simpatica. La mia forma di espressione preferita è la danza, ma anche a scrivere me la cavo. Mi piace viaggiare, parlare francese e discutere di serie TV.

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