Un ecosistema digitale per contrastare il food loss. Si chiama Loss is more e nasce da un’idea di Carlotta Gallarati, che spiega in che modo le nuove tecnologie possono contribuire a ridurre le perdite alimentari.
Ospitiamo qui il contributo di Carlotta Gallarati, neolaureata in Comunicazione Digitale all’Università di Pavia e coraggiosa ideatrice di Loss is more. La differenza fra sprechi e perdite, le cause del problema e l’importanza di una visione ecosistemica.
Quello della lotta agli sprechi e alle perdite alimentari è diventato un tema centrale nella società contemporanea, tanto da rientrare tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
È importante sottolineare che gli sprechi e le perdite alimentari si riferiscono a fasi diverse della catena agroalimentare. In particolare, gli sprechi generati dal consumatore dopo l’acquisto degli alimenti, nonché quelli associati alla ristorazione e alla grande distribuzione organizzata, rientrano sotto la definizione di food waste.
Invece, le perdite alimentari o food loss fanno riferimento agli alimenti persi o scartati durante le fasi di produzione, raccolta e trasformazione delle materie prime.
Cause delle perdite e degli sprechi alimentari
Le perdite e gli sprechi alimentari sono fenomeni che dipendono da diversi fattori e variano a seconda delle fasi della filiera agroalimentare.
Durante la fase di produzione, le perdite alimentari sono spesso causate da tempi e metodi di raccolta inadeguati, condizioni climatiche sfavorevoli e pratiche agricole poco efficienti. Tuttavia, il fattore che incide maggiormente è rappresentato dagli standard imposti dal mercato. Gli alimenti che non rispettano i requisiti di qualità richiesti (forma, colore, dimensione, ecc.) vengono scartati e non passano alla fase di trasformazione, generando così perdite.
Gli sprechi alimentari, invece, si verificano durante la distribuzione, il commercio al dettaglio e il consumo finale. Secondo dati di Eurostat, il commercio al dettaglio e il consumo finale sono le fasi che generano più sprechi alimentari. La mancata pianificazione dei pasti, l’errata conservazione degli alimenti in frigorifero e gli acquisti impulsivi sono alcune delle principali cause alla base degli sprechi alimentari.
Perché è importante affrontare il tema delle perdite e degli sprechi alimentari?
Il tema delle perdite e degli sprechi alimentari è importante perché comporta significative conseguenze a livello ambientale, sociale ed economico.
Dal punto di vista ambientale, la produzione alimentare richiede l’impiego di elevate quantità di risorse naturali, come acqua, terra ed energia, generando un forte impatto sul pianeta. Inoltre, come evidenzia il rapporto The state of Food and Agriculture; Moving forward on food loss and waste reduction realizzato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), la produzione alimentare è uno dei maggiori emettitori di gas a effetto serra a livello mondiale.
Gli sprechi e le perdite alimentari rappresentano anche una questione fondamentale per i diritti umani e la sicurezza sociale. Secondo il World Food Programme, nonostante si produca abbastanza cibo per nutrire due volte la popolazione mondiale, quasi un miliardo di persone soffre di fame e malnutrizione.
Entrambi i fenomeni hanno quindi potenziali effetti sulla sicurezza alimentare, determinando cambiamenti nelle sue quattro dimensioni: disponibilità di cibo, accesso, utilizzo e stabilità.
A livello economico, gli sprechi e le perdite alimentari rappresentano un problema che coinvolge tutti gli attori della filiera agroalimentare.
Primi fra tutti gli agricoltori che investono tempo e risorse nella produzione delle materie prime. Questi sono spesso costretti a scartare alimenti a causa degli standard estetici del mercato o per via di stime inesatte rispetto alla domanda di mercato.
I secondi attori coinvolti sono i rivenditori e i commercianti che possono perdere prodotti a causa del degrado subito dagli alimenti durante il trasporto tra il luogo di produzione e il negozio.
Gli ultimi attori sono i consumatori, che spesso gettano alimenti ancora commestibili a causa della cattiva conservazione dei prodotti, della confusione tra le etichette e a seguito di acquisti eccessivi.
È importante tenere a mente che tutti questi attori fanno parte di un sistema economico interconnesso, dove le preferenze dei consumatori influenzano il modo di operare dei produttori e viceversa. Pertanto, affrontare il tema degli sprechi e delle perdite alimentari richiede un approccio olistico che comprenda tutte le fasi della filiera agroalimentare.
Quali soluzioni sono state sviluppate?
Data l’importanza che i due temi rivestono a livello mondiale, sono diverse le soluzioni che i governi hanno implementato per affrontare il problema. Tuttavia, la maggior parte di questi progetti si concentra sugli sprechi alimentari generati dal consumatore finale.
Per questo motivo, il mio progetto di tesi si focalizza sul problema delle perdite alimentari che vengono generate nelle prime fasi della catena agroalimentare italiana. L’obiettivo principale è quello di sviluppare un prototipo di ecosistema digitale che possa ridurre al minimo queste perdite, restituendo valore a tali prodotti altrimenti scartati.
Ma perché un ecosistema digitale?
Il concetto di ecosistema viene spesso utilizzato per descrivere il rapporto tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui sono immersi. In questo caso, l’adozione di una visione ecosistemica ci aiuta a considerare la filiera agroalimentare come un sistema composto da molti attori che cooperano per raggiungere un obiettivo comune. L’idea è che la forza di questo ecosistema dipenda da quanto le singole imprese si sostengano a vicenda.
Esistono diverse tipologie di ecosistema, tra cui quelli storici, industriali, tecnologici e digitali. Ognuna di queste tipologie riflette fasi diverse della storia umana e si differenzia per caratteristiche specifiche. Tuttavia, alla base di ogni ecosistema vi è la visione che il successo altrui non dev’essere visto come una sconfitta personale, ma come un traguardo frutto di una cooperazione continua e che produce quasi sempre benessere diffuso.
Con l’avvento di Internet e dei social network si è incominciato a parlare di ecosistemi digitali. L’interconnessione e la digitalizzazione sono i due principi alla base di questo tipo di ecosistema che lo rendono privo di barriere geografiche, dato che ogni persona può connettersi quando, come e dove vuole.
Il concetto di ecosistema digitale può essere collegato anche ai principi base dell’economia circolare, in particolare a una pratica abbastanza diffusa nel mondo imprenditoriale: la simbiosi industriale. Si tratta di un processo attraverso cui i rifiuti prodotti da un’azienda vengono reintegrati in un processo produttivo di un’altra impresa con l’obiettivo di limitare al minimo gli scarti. In questo modo si crea un rapporto di collaborazione tra aziende che interagiscono per ottenere vantaggi competitivi attraverso lo scambio di risorse come scarti e sottoprodotti di lavorazione.
Quali sono le caratteristiche del progetto?
Il progetto prende il nome di “Loss is more: Produce Transform Sell” e mira a valorizzare le perdite alimentari, creando un ecosistema virtuoso in grado di generare benefici per l’ambiente e l’economia.
Per realizzare il logo del progetto, ho preso spunto dalla celebre frase «Less is more» dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Roche. Alla base della visione di Roche vi era l’idea che dalla semplicità potesse derivare il miglior risultato. In questo senso, se è dalla semplicità che può derivare il miglior risultato, allo stesso modo dalle perdite alimentari può derivare qualcosa di più che spesso è nascosto e che necessita di essere lavorato per poter venir fuori.
Esistono diverse realtà nel territorio italiano che sono riuscite a dare una seconda possibilità ai sottoprodotti alimentari come la buccia della frutta e i fondi di caffè. Questo a dimostrazione del fatto che dalle perdite alimentari è possibile ottenere nuovi materiali da investire in diverse lavorazioni.
Il logotipo riassume quindi l’idea al centro dell’ecosistema: le perdite alimentari sono delle risorse da valorizzare. Invece, il payoff “Produce Transform Sell” riassume la missione del progetto e identifica anche le tre categorie a cui si rivolge l’ecosistema.
Per definire le categorie di attori coinvolte, ho considerato alcuni parametri, tra cui la dimensione dell’azienda, la regione in cui opera, il tipo di alimento e il settore di appartenenza. In questo modo, ho potuto definire i profili delle aziende ideali e suddividerle in tre categorie:
- le startup e le aziende italiane che adottano i principi dell’economia circolare per trasformare i sottoprodotti alimentari in nuovi materiali o prodotti;
- le aziende italiane del settore agroalimentare che operano nei primi livelli della catena e che generano perdite alimentari;
- le imprese italiane che potrebbero servirsi dei prodotti o dei materiali nati dalle perdite alimentari.
Come funziona l’ecosistema?
Ho pensato di strutturare l’ecosistema come un portale digitale composto dalle classiche sezioni che solitamente contraddistinguono un sito web (Homepage, About, Servizi, Accedi).
Attraverso il portale, le aziende possono ottenere informazioni riguardo le caratteristiche e gli obiettivi del progetto, entrare in contatto con altre aziende italiane sparse in tutto il territorio e cercare progetti di loro interesse. Inoltre, dall’area personale, l’utente può modificare le proprie informazioni, cercare e caricare progetti, nonché contattare le aziende a cui è interessato.
Per promuovere il progetto, sarebbe utile coinvolgere RetImpresa, l’agenzia di Confindustria per la rappresentanza e la promozione di aggregazioni e reti d’impresa. Appoggiarsi a RetImpresa significa aumentare le possibilità di raggiungere il target di riferimento, dato che i partner e i clienti dell’agenzia vanno dalle micro e medie aziende fino alle grandi multinazionali.
L’obiettivo in prospettiva è estendere il modello anche agli altri paesi dell’Unione Europea; promuovendo il progetto sul portale InvestEU, attraverso cui è possibile caricare progetti sviluppati all’interno dell’UE e ottenere finanziamenti da investitori nel mondo.
Quindi un ecosistema di questo tipo permette di risolvere il problema delle perdite alimentari?
L’ecosistema digitale proposto rappresenta un’innovativa soluzione per affrontare il problema delle perdite alimentari nei primi stadi della catena agroalimentare. Ma come può effettivamente contribuire a risolvere questa sfida?
Sviluppando e implementando un ecosistema collaborativo, in cui le aziende si uniscono per ridurre le perdite alimentari, si apre la strada a numerosi vantaggi in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
La cooperazione tra le aziende può portare a una maggiore efficienza nella gestione delle materie prime e dei prodotti, riducendo così le perdite e i costi associati. Questo può contribuire a ridurre l’impatto ambientale della filiera agroalimentare, diminuendo le emissioni di gas serra e la quantità di rifiuti prodotti.
Inoltre, lo sviluppo di un ecosistema digitale di questo tipo può favorire l’innovazione del settore agroalimentare, promuovendo lo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti per migliorare l’efficienza e la sostenibilità della produzione alimentare.
Il progetto “Loss is more: Produce Transform Sell” può quindi portare a diversi vantaggi, sia per le imprese coinvolte che per l’ambiente e la società in generale.
Tuttavia, sviluppare e promuovere questo progetto significa focalizzarsi su una parte della filiera, solo adottando pratiche e tecnologie sostenibili in ogni fase della catena agroalimentare, dalla produzione al consumo, si potrà garantire un futuro più sostenibile e in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030.