Enerbrain, il riscaldamento diventa intelligente

da | Mag 28, 2020

È economico e ecologico il sistema plug & play di Enerbrain. Attraverso modelli predittivi migliora l’efficienza energetica e le performance finanziarie.

Novo appuntamento con Digital Stories Green, la rubrica che racconta le startup italiane a vocazione ecologica. Questa volta la protagonista è Enerbrain, ormai in realtà scaleup, nata da un team tutto italiano ma fin da subito con aspirazioni internazionali.

Esistono varie soluzioni interessanti per quel che riguarda l’ottimizzazione degli impianti di riscaldamento. Ma non sono molte le realtà che offrono un’installazione semplice, poco intrusiva e compatibile sia con impianti di nuova generazione che con quelli più datati. È questo il caso, invece, di Enerbrain.

L’ecosistema di Enerbrain è composto da varie parti, tutte progettate, sviluppate e prodotte in-house. Si tratta di sensori per la misurazione di temperatura e umidità, controllori remoti, datalogger, centraline brevettate che, operando su una rete SigFox o LoRa, quindi senza appoggiarsi sulla rete dei clienti, garantiscono una connessione affidabile. Mentre a livello software una web app permette di controllare i singoli edifici in cui il sistema è installato o addirittura interi portfoli immobiliari.

Una volta raccolti i dati nel cloud, gli algoritmi di intelligenza artificiale sviluppati da Enerbrain li elaborano e riescono in questo modo a garantire un controllo predittivo degli impianti, piuttosto che più tradizionalmente reattivo. Un esempio è monitorare gli orari in cui un locale diventa particolarmente affollato, come potrebbe essere l’ora di pranzo per un ristorante, e ricavarne un modello di previsione. Il quale permette di compensare il maggiore calore generato dai grandi numeri di persone abbassando il riscaldamento prima ancora che la temperatura raggiunga livelli poco confortevoli, ma anche aumentando il ricambio d’aria per contrastare l’aumento di CO2.

Questo approccio, basato sull’ottimizzazione attraverso l’IoT, proviene sostanzialmente dal background dei membri fondatori, legato più al mondo dell’IT e della Data Science che al background classicamente ingegneristico di molte imprese che operano nel mondo dell’efficienza energetica.

Quando nel 2014 Marco Martellaci ha avuto il momento eureka che si sarebbe trasformato in Enerbrain, gli altri tre membri fondatori erano tutti all’estero, sparsi fra Gran Bretagna e Stati Uniti, chi per completare gli studi e chi già lavorando a startup relative al monitoraggio energetico.

Era questo il caso di Giuseppe Giordano, Chief Executive Officer e co-fondatore che ci racconta come l’idea sia arrivata a Marco.

Come nasce Enerbrain?

«Enerbrain nasce a Torino, dove siamo ancora basati, in un inverno di sei anni fa quando Marco, laureato in Fisica Cibernetica, stava lavorando ad un problema per l’ottimizzazione della caldaia di casa. Quell’inverno c’erano state temperature molto variabili, in media sui -10°, -15°, ma che per una settimana erano salite fino a +15°, per poi ritornare molto fredde.

Marco notò che la manopola per regolare la caldaia di casa, invece di essere una variabile, era sostanzialmente un parametro fisso. Allora si chiese se, regolando e modulando la potenza della caldaia, fosse possibile ottenere una temperatura più confortevole. Scoprì così che, attraverso un algoritmo matematico, era effettivamente possibile calcolare l’inerzia dell’edificio e le previsioni meteo per ottenere una distribuzione dell’energia ottimale, in maniera da garantire una temperatura costante e contestualmente risparmiare circa un 30% della sua bolletta. Il progetto quindi è sostanzialmente nato in casa.

Io all’epoca lavoravo negli Stati Uniti per una startup che si occupava di monitoraggio energetico e stavo facendo un master in Architettura e Sostenibilità. Ci presentò un’amica comune, Francesca Freyria, anche lei co-fondatrice, e decidemmo di tornare a Torino e investire sull’idea.

Il primo passo è stato andare a cercare la caldaia più grande che avessimo potuto trovare in città: quella del Lingotto».

Il primo esperimento del Lingotto

Il team di Enerbrain sapeva che per riuscire ad ottenere il via libera da parte del Lingotto avrebbe avuto bisogno di una proposizione irresistibile, e gli elementi vincenti furono vari.

La prima approvazione arrivò grazie alla già citata Francesca Freyra, che ai tempi stava preparando una tesi in Ingegneria Energetica. Grazie al suo ingresso nel gruppo i quattro fondatori di Enerbrain riuscirono a proporre il piano, ai tempi ancora in divenire, come progetto di ricerca accademica in partnership con il Politecnico di Torino.

Il secondo passo fu trovare degli Angel Investor che misero a disposizione 70.000 euro. Con la condizione che però il prototipo, concepito attraverso l’esperimento del Lingotto, fosse scalabile su altri progetti. Da qui l’idea delle centraline brevettate in grado di interfacciarsi con impianti già esistenti e capaci di garantire semplicità di installazione e versatilità.

Infine la ciliegina sulla torta fu proporre al Lingotto un contratto a performance, garantendo al team di Enerbrain la libertà di sperimentare e solo nel momento del raggiungimento di risultati tangibili avere una remunerazione. In questo modo i rischi per il cliente furono virtualmente annullati.

Il risultato fu un abbattimento dei costi che fece scendere la bolletta del Lingotto da circa 300.000 a 200.000 euro.

Con questa validazione sia tecnica che commerciale il team poté tornare dagli investitori per un secondo round, questa volta ottenendo un finanziamento di 350.000 euro.

Il gruppo ovviamente si è ampliato di conseguenza: dai quattro membri iniziali, a otto nel 2016, poi trentadue, cinquanta… Ogni anno essenzialmente un raddoppio, al punto che oggi Enerbrain ha uffici in tutto il mondo: da Torino, passando per Dubai, fino a Tokyo. Le implementazioni del sistema Enerbrain all’estero sono già molte.

Giuseppe Giordano ci ha illustrato come la società lavora fuori dall’Italia, adottando un modus operandi simile a quello usato col Lingotto: come prima cosa si cerca un cliente con una reputazione importante, e poi si sfrutta quell’esperienza come biglietto da visita per farsi accogliere dal resto del paese. Per esempio, Enerbrain è riuscita a guadagnarsi la fiducia degli ingegneri ospedalieri francesi grazie a un progetto all’interno del centro ospedaliero Sainte-Anne di Parigi. Ma per il successo fuori dai confini europei è stata fondamentale anche la scelta di avvalersi di una Advisory Board, che ha permesso ad Enerbrain di penetrare per esempio nel mercato mediorientale grazie a una rete già ben consolidata. Infine non è da sottovalutare l’occhio di riguardo per il made in Italy ancora decisivo in paesi come Singapore e Tokyo.

È ancora in Italia, e in particolare di nuovo a Torino, che ha preso luogo un altro dei progetti raccontatoci da Giuseppe che mette meglio in evidenza cosa differenzi Enerbrain dalla concorrenza.

Il progetto con Iren

«Abbiamo completato l’anno scorso insieme ad Iren uno dei nostri progetti più importanti, ovvero l’implementazione di Enerbrain su quasi novanta edifici del comune di Torino: scuole, palestre, piscine e molto altro. Enerbrain è stato installato in queste strutture in venti giorni lavorativi. Un vero record, considerando che in molti di questi edifici non abbiamo mai neanche fatto un sopraluogo.

L’idea di entrare in una scuola, installare i sensori e le centraline e ottenere dei risparmi del 15-20% migliorando il comfort interno è una novità assoluta. Fra l’altro noi abbiamo solo coordinato gli elettricisti, anche se non si trattava di personale Enerbrain. Come prospettiva futura puntiamo moltissimo sulla scalabilità e semplicità di installazione.

Iren ha stimato che l’intervento compiuto ha avuto un impatto ecologico pari al numero di alberi già presenti a Torino, ovvero 100.000. Quindi abbiamo virtualmente duplicato il parco arboreo della città. Credo che sia un impatto non piccolo per una startup.

È stato un win win win. Iren ha fatto un progetto che ha avuto una ricaduta importante per il benessere della città, eroga meglio il suo servizio e ha consentito a noi di crescere.

Adesso la sfida è di replicare quest’esperienza in altre città in Italia e fuori dall’Italia. Come direbbe Fuksas: “La tecnolgia c’è, adesso si tratta solo di replicarla”».

I premi ottenuti

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Sono oltre trenta i riconoscimenti conferiti a Enerbrain a partire dal 2015. Fra i più importanti Giuseppe ricorda il premio Marzotto e il premo B Heroes, ma anche il premio ottenuto con Iren che ha dato via al percorso culminato nel progetto a Torino.

Il più significativo per la crescita della startup però è probabilmente stato quello conferito dall’Istituto Europeo per l’Innovazione e la Tecnologia (più comunemente abbreviato in EIT), che ha selezionato fra 200 scaleup europee proprio Enerbrain, fra l’altro unica italiana in finale. Il premio di 50.000 euro in cash più la concessione dell’utilizzo di una serie di edifici e strutture hanno consentito al team di dialogare con clienti in tutta Europa. L’EIT si fa carico di connettere startup e clienti che si fidano della sua reputazione, in questo modo rendendosi mediatore e aiutando a superare uno dei problemi principali che differenziano il panorama europeo da quello statunitense: la lingua.

La prospettiva internazionale faceva parte della visione di Enerbrain fin dalla sua concezione. Ed è questo uno dei principali consigli che Giuseppe si sente di dare a altre startup che stessero iniziando adesso il loro percorso.

Quali consigli per le startup nascenti?

«Il consiglio che mi sento di dare è di pensare da subito se il problema che si sta cercando di risolvere in Italia esista anche in Europa. Le aziende più forti sono quelle con un grande fattore di export, e noi vogliamo arrivare ad avere più del 50% di ricavi dall’estero. Il tipo di mentalità che ci va per funzionare fuori dall’Italia ha ricadute positive anche sull’attività svolta nel mercato domestico. Pensa a quanto un’attività italiana debba essere valida per far sì che un tedesco la preferisca all’ingegneria tedesca.

Sono convinto che si debba investire tanto sull’estero anche perché lavorare con altre culture è di per sé una ricchezza. Dei nostri dipendenti siamo quasi al 50% di presenza femminile, la nostra età media va dai 22 anni fino ai 65, stiamo cercando di costruire una realtà internazionale e inclusiva. Sono tutti aspetti importanti.

Infine penso che sia fondamentale cercare persone appassionate che credono alla causa e che lavorano nel migliore interesse del progetto prima di ogni altra cosa. Non c’è molto spazio per gli ego. Io e Filippo siamo un po’ i portavoce, ma Enerbrain è veramente un’azienda di tutti noi: cerchiamo di stimolare molto le decisioni individuali e ogni persona è chiamata ad assumersi responsabilità, rischi, ad essere il più possibile autonoma. Il gruppo è molto unito ed è una creatura di tutti.

Noi facciamo ipotesi e abbiamo un approccio molto sperimentale. Molti credono che Google e Amazon possano permettersi di fare esprimenti che nel 90% dei casi falliscono perché sono così grandi. Ma la realtà è che sono diventati grandi proprio grazie a questo mindset!

Ci vuole molta flessibilità. E occorre essere consapevoli che si decide con il meglio dell’informazione che si ha sul momento, ma bisogna essere umili per capire quando serve un cambio di rotta. Noi abbracciamo completamente il fatto che si possano fare errori. Ciò che conta però è come si recupera da questi. Finché tutto va bene è quasi scontato, nel momento in cui c’è un problema risolverlo alla grande è ciò che fa vincere davvero un cliente.

Questi sono alcuni dei principi che cerchiamo di coltivare».

Lorenzo Montalti
Lorenzo Montalti
Nativo digitale ma amante della parola stampata. Si è diplomato in Informatica e laureato in Culture e Letterature del Mondo Moderno. Così come il binario alterna 0 e 1 anche lui è in costante ricerca del giusto equilibrio fra analogico e tecnologico.

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