Vediamo ciò che contraddistingue Facebook Ads e quando è uno strumento imprescindibile.
Non un “How To”, ma un “Why This”
Che Facebook Ads sia ormai una piattaforma consolidata nel mercato globale dell’online advertising è cosa nota. I numeri li abbiamo ricordati nel post su Amazon Advertising, il terzo incomodo nel confronto campale con Google. La domanda che dovremmo porci è però un’altra: esistono in Facebook Ads specificità e caratteristiche peculiari, tali da renderla una piattaforma diversa da quelle concorrenti, e dunque raccomandabile per usi specifici?
Non è nostra intenzione proporre l’ennesimo tutorial sugli aspetti tecnico-pratici relativi all’implementazione di una campagna con lo strumento pubblicitario di Facebook. Lo scopo di questo articolo è diverso. Ci vogliamo focalizzare sugli aspetti strategico-tattici di Facebook Ads. Si tratta di comprendere perché e quando convenga utilizzare questo strumento pubblicitario, rispetto ad un altro. Partendo dai nostri obiettivi di marketing e di comunicazione, da cui quelli pubblicitari devono dipendere.
Cosa è e cosa non è Facebook Ads?
Difficile pensare che nel mondo del marketing (possiamo dare per assodato che ormai marketing e digitale siano un tutt’uno?) ci sia ancora qualcuno che non sia consapevole dell’esistenza delle sponsorizzazioni attraverso Facebook Ads: la piattaforma nativa del colosso di Menlo Park per la pubblicazione di annunci pubblicitari.
Facebook Business Manager è il gestionale della piattaforma che permette di coordinare tutte le attività di advertising su Facebook. Da qui possiamo gestire le inserzioni delle nostre pagine, impostare i pixel per tracciare gli utenti esterni a Facebook, coordinare più di un account pubblicitario, gestire i metodi di pagamento ecc.
Inoltre, non dimentichiamoci che Instagram – acquistata nel 2012 per un miliardo di dollari – rientra nel network di Facebook. Per cui da Business Manager possiamo non solo gestire le nostre inserzioni su Facebook, ma anche impostare contenuti a pagamento per Instagram.
Facebook Ads e le differenze con la soluzione pubblicitaria di LinkedIn
Conosciamo la natura di Facebook come social network generalista – che ad oggi conta circa 2,7 miliardi di utenti – e che su questa mole impressionante di persone raccoglie dati. Di qualsiasi natura.
Raccoglie così tanti dati che l’anno scorso, nel 2018, questa voracità – accompagnata da una buona dose di noncuranza – ha causato non poche grane alla creatura di Mark Zuckerberg. Il quale, a seguito dello scandalo di Cambridge Analytica si è trovato a doversi scusare di fronte al Congresso USA, per la negligenza operata dalla sua piattaforma in materia di tutela della privacy.
Facebook colleziona dati di qualsivoglia natura. Sugli interessi. Sulle caratteristiche socio-demografiche degli utenti. Sui loro comportamenti, anche al di fuori di Facebook. Non che LinkedIn sia da meno. Semplicemente, le due piattaforme hanno una natura diversa. Generalista la prima, professionale la seconda. Questo determina i comportamenti d’interazione degli utenti nelle piattaforme e le finalità di utilizzo che ne fanno. Delineando contestualmente audience diverse.
Quando sono su Facebook – o, con le dovute differenze, su Instagram – mi aspetto contenuti informativi, d’intrattenimento, di community ecc. Quando sono su LinkedIn mi aspetto contenuti professionali. Puramente orientati al business. Quando sono su Facebook ragiono da consumatore. Quando sono su LinkedIn agisco da professionista.
Sia Facebook che LinkedIn offrono il giusto contesto per fare branding e creazione di awareness di marca. Entrambi sono ottimi alleati per intercettare un tipo di domanda latente, stimolando interesse e curiosità in utenti che non ci conoscono. C’è però una differenza. Se Facebook è adatto per realtà che operano nel B2C e devono fare arrivare i propri messaggi ai consumatori, LinkedIn è consigliato per chi si muove nel B2B e deve mettersi in contatto con professionisti, partner e clienti.
Facebook e Google: due tipi di domande diverse
Parliamo ora di Facebook e Google. Nella costruzione di una strategia pubblicitaria, i due network non devono essere percepiti in contrapposizione l’uno con l’altro, quanto semmai a complemento.
Facebook, come abbiamo già visto, è utile per fare branding. Quando la domanda della nostra audience è inconsapevole e latente. Di contro Google, con la sua rete di ricerca, offre la possibilità di intercettare una domanda consapevole. Andando a colpire utenti che si trovano in una punto diverso del consumer journey, rispetto ai primi.
Chi cerca nel motore di ricerca di Google attraverso una query specifica, esprime un intento consapevole: «Ho bisogno di un paio di scarpe» «Cerco un volo per Pechino» «Mi serve un albergo a Rimini». Questi sono tutti esempi di query che esprimono un bisogno consapevole manifestato dall’utente.
In sintesi, utilizziamo Facebook e il suo network per obiettivi di awareness. Volti a generare interesse e curiosità su marchi, prodotti o servizi che l’utente non conosce. Utilizziamo Google per obiettivi di conversione. Per intercettare necessità espresse dall’utente attraverso query di ricerca, da convertire in azioni specifiche. Network diversi per utenti in fasi punti diversi del consumer journey.
Pixel Facebook: retargeting e tracciamento delle conversioni
Parliamo del Pixel Facebook: uno script di codice html da inserire nella sezione <head> del nostro sito web. A cosa serve il Pixel? Puoi immaginarlo come elemento di connessione tra Facebook e il tuo sito web. Permette a Facebook di sapere quali utenti provengono dal tuo sito, e viceversa, abilita il tuo sito a tracciare gli utenti provenienti da un annuncio Facebook.
Il Pixel Facebook assume quindi un duplice utilità. Per attività di Retargeting. E per attività di tracciamento delle conversioni. Facciamo degli esempi.
Nel primo caso, il pixel ti permette di “inseguire” gli utenti che dal tuo sito entrano in Facebook, mostrando loro annunci targettizzati. Se un utente entra nella pagina del tuo sito – con pixel implementato – dedicato alle camicie di lino, appena entrerà in Facebook gli verrà mostrato il tuo annuncio sulle camicie di lino.
Nel secondo caso, il processo è inverso. Il pixel serve a tracciare e valutare i risultati ottenuti da un annuncio Facebook. Con il Pixel possiamo calcolare quanti lead alla pagina di camicie di lino ha prodotto la nostra campagna Facebook. Da qui, calcolare il ROI in base al tuo investimento pubblicitario, ai lead generati e alle vendite prodotte.
L’utilità di questi strumenti è evidente in campagne con obiettivi di conversione. Se abbiamo un e-commerce è davvero difficile pensare di non utilizzare il Pixel. Tuttavia, anche campagne con obiettivi di awareness possono trarre grandi benefici in termini di misurazione del raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’utilizzo di questa funzionalità è imprescindibile in una strategia di marketing orientata al risultato di business.
Dunque, perché ha senso investire in Facebook?
I recenti aggiornamenti subiti dall’algoritmo di Facebook, che secondo lo stesso Zuckerberg sono orientati a rimettere al centro l’interazione tra le persone, hanno penalizzato le pagine aziendali in termini di copertura organica. Per cui, se hai una pagina aziendale e vuoi raggiungere il numero più alto di persone possibile, sei «obbligato» a investire in pubblicità.
Facebook Ads è uno strumento imprescindibile se utilizzi Facebook come elemento centrale nella tua strategia comunicativa. Utilizzalo per fare branding e generare awaereness. Soprattutto, fanne uso se la tua offerta si rivolge ad un target consumer.