Usare la tecnologia blockchain per erogare mutui online. Dopo SoFi, Mike Cagney ci riprova con Figure e raccoglie 120 milioni di dollari. Intanto il P2P lending si fa strada: il caso di Lendoit.
Ha raccolto capitale per 120 milioni di dollari Figure Technologies, la nuova fintech di Mike Cagney. Lui è il noto – e discusso – fondatore di Social Finance (SoFi), startup specializzata nell’erogazione di prestiti online. E di mezzo c’è la tecnologia blockchain. Nel 2017 Cagney fu accusato di molestie sessuali e per questo motivo estromesso da SoFi. Ora ci riprova con più convinzione di prima. Figure usa un’infrastruttura di tipo blockchain per erogare mutui online, rivolgendosi ai segmenti di clientela che appaiono più propensi a valutare prodotti alternativi a quelli della banca tradizionale.
Dopo Henry, largo a Clare
Grazie a blockchain, sostiene Figure, è possibile gestire le pratiche di finanziamento in modo più sicuro e veloce. La nuova startup di Cagney non si occuperà solo di mutui ipotecari, ma anche di gestione patrimoniale e prestiti al consumo non garantiti. Diverso sarà inoltre il target rispetto a quello di SoFi, che dichiara di avere già 1500 linee di credito aperte, per un totale di 30 miliardi di dollari concessi. Infatti, mentre SoFi indirizza i cosiddetti HENRYs (acronimo che sta per high earners, not rich yet, ovvero coloro che guadagnano molto ma non sono ancora ricchi), Figure punterà sui CLAREs (cash light and rich in equity, da intendere come le persone con poca liquidità ma un notevole capitale proprio).
Figure si aggiunge così alla lista di numerose fintech che propongono forme alternative di accesso ai mutui immobiliari. Fra queste si segnalano Point Digital Finance, la quale investe nell’immobile insieme al cliente, anziché erogare un prestito, e Prosper Marketplace. Interessante anche la piattaforma digitale Blend, progettata per rendere più veloce l’erogazione di mutui da parte delle banche. Blend sostituisce il processo di caricamento dei documenti con l’integrazione a fonti di dati finanziari, automatizzando la verifica da parte di terzi di identità, reddito, patrimonio e occupazione del richiedente. Inoltre, tramite tecniche di machine learning, Blend identifica preventivamente i problemi che possono causare ritardi nell’erogazione dei prestiti e automatizza gli interventi di risoluzione di tali problemi.
Blockchain per i prestiti P2P
Tutto sommato l’idea di sfruttare la tecnologia blockchain per gestire un sistema di prestiti fra privati è scontata. In effetti si tratta di uno dei casi d’uso in cui la filosofia dei distributed ledger sembra adattarsi meglio. Una delle esperienze più avanzate è quella dell’israeliana Lendoit, finanziata da Migdal Investment Banking alla fine del 2017. La piattaforma sembra offrire tutti gli elementi di cui un servizio del credito ha bisogno per funzionare: l’accesso allo scoring di rischio dei richiedenti, un sistema in cui i mutuanti offrono tassi di interesse in base alle richieste di prestito, fissandoli tramite smart contract, un mercato di default dove i prestiti non riusciti possono essere negoziati, la syndication dei prestiti e la possibilità di vendere un credito ad un altro finanziatore.
Dubbi sugli smart contract? Ne abbiamo parlato qui.
Due sono, in particolare, gli aspetti interessanti di Lendoit: il fondo di compensazione («Smart Compensation Fund») e il prestito sindacato («syndicated loan»). Il primo interviene quando un mutuatario non riesce a rimborsare completamente il suo debito. In questo caso il prestito si trasforma in un’inadempienza. Lo Smart Compensation Fund versa immediatamente una frazione del prestito al finanziatore, per ridurre al minimo la sua perdita. Poiché il mutuatario è noto e legalmente vincolato attraverso lo smart contract, il mutuante ha la scelta di riscuotere il debito stesso o semplicemente di vendere l’inadempienza sul mercato per ridurre ulteriormente la sua perdita. Il prestito sindacato, invece, è quello il cui importo è coperto da più finanziatori. In questo modo i mutuanti possono ridurre il rischio, distribuendo il capitale su diversi prestiti, mentre i mutuatari hanno maggiori possibilità di trovare il credito che stanno cercando.
Un sottoinsieme delle P2P landing platform è costituito da quelle che abilitano prestiti in criptovalute. È il caso di SALT Lending e di ETHLend.
Piattaforme di social lending
Un discorso a parte meritano le piattaforme di P2P lending, altrimenti definito come social lending o lending-based crowdfunding. Appartengono a questa categoria la milanese October e molte altre presenti sul mercato ormai da diversi anni. La prima a operare in Italia fu Zopa, poi costretta a sospendere il servizio nel 2008 in seguito a un intervento della Banca d’Italia. Dal 2012 Zopa è tornata a operare con il nome di Smartika. Nel frattempo, nel 2011, il nostro paese aveva provveduto a recepire la direttiva 2007/64/CE in materia di prestazione di servizi di pagamento al dettaglio (PSD), a sua volta sostituita dalla più recente direttiva 2015/2366/CE (la cosiddetta PSD 2, recepita dal parlamento nel 2017).
Oggi anche Bankitalia sembra riconoscere che il lending-based crowdfunding rappresenta, se opportunamente regolamentato, un’opportunità (si veda il paper di Marcello Bofondi pubblicato dall’Istituto nel marzo del 2017). Due anni fa, inoltre, il Parlamento italiano ha approvato un emendamento in base al quale il P2P lending non è più tassato sulla base dello scaglione IRPEF relativo all’investitore, ma con aliquota unica al 26%, come avviene per le altre forme di investimento finanziario.
Nel Regno Unito si segnalano CapitalStakers, Lending Works e ThinCats. Il punto di attenzione è sempre lo stesso: si tratta di strumenti ad alto rischio, per cui secondo alcuni regolatori il settore andrebbe governato applicando regole più restrittive, magari limitandone l’accesso ai soli investitori sofisticati. Proprio nel Regno Unito il dibattito si è acceso dopo la pubblicazione, nel luglio 2018, della proposta di revisione del quadro regolamentare delle Loan-based (‘peer-to-peer’) and investment-based crowdfunding platforms da parte della FCA (Financial Conduct Authority).