Che cosa sono gli audio game? Videogiochi accessibili che offrono opportunità di intrattenimento e nuove esperienze di gioco. Ripercorriamo la loro evoluzione, partendo dal meetup di Ivan Venturi con Codemotion e Accessibility Days.
Lo scorso 3 febbraio Accessibility Days, in collaborazione con Codemotion, ha organizzato il meetup ‘VideoGames e AudioGames accessibili per non escludere nessuno!’. L’incontro ― tenuto da Ivan Venturi, CTO Italian Games Factory, CEO di Audiogames e IV PRODUCTIONS ― è stato un momento di riflessione per noi. Per tornare a parlare di tematiche che ci stanno a cuore, come l’accessibilità.
Quando si parla di accessibilità in ambito software e design, si fa riferimento alla progettazione e all’utilizzo di strumenti che permettano a tutti gli utenti di usufruire di risorse, dispositivi, esperienze o ambienti. Un ambito che però spesso viene trascurato è quello legato all’intrattenimento, in particolare al mondo dei videogiochi.
Quali linee guida per i videogiochi accessibili?
Un sondaggio del 2010 pubblicato sulla rivista internazionale Universal Access in the Information Society ha rilevato che circa il 9% della popolazione statunitense non ha un’esperienza di gioco completa a causa di qualche disabilità, nonostante secondo un altro studio dell’Accessibility Foundation ben il 92% dei disabili abbia dichiarato di giocare con i videogiochi nel proprio tempo libero. Il problema è fondamentalmente legato all’ampia possibilità di meccaniche e contenuti presenti in ogni singolo titolo e alla loro difficile classificazione.
Se per quel che riguarda lo sviluppo di contenuti web accessibili esistono linee guida diffuse già negli anni Novanta, lo stesso non si può dire per i videogiochi. Infatti, il primo regolamento governativo sull’accessibilità in questo ambito è entrato in vigore negli Stati Uniti solo nel 2019.
Console videoludiche per l’accessibilità: screen reader e controller di PlayStation 5 e Xbox Series X
Negli ultimi anni, però, la situazione sembra in evoluzione, mostrando un’apertura maggiore del mercato videoludico nei confronti delle demografiche con qualche disabilità. Nel 2020 sono uscite due nuove console videoludiche, PlayStation 5 e Xbox Series X, entrambe con molte opzioni di accessibilità. Per iniziare, entrambe le console hanno uno screen reader abilitato di default, cosicché gli utenti non vedenti possano navigare i primi menu senza difficoltà. Entrambe hanno inoltre l’opzione di usare sottotitoli e di riconfigurare i controlli per necessità specifiche. È proprio nei controlli, però, che Xbox inizia a surclassare PlayStation. Quest’ultima, infatti, non offre possibilità per la retrocompatibilità, cosicché qualsiasi controller customizzato realizzato per PlayStation 4 non risulta più utilizzabile su PlayStation 5. Xbox, invece, non solo è retrocompatibile ma offre anche la possibilità di collegare l’Adaptive Controller, un controller progettato per i giocatori con mobilità limitata.
Audio game: esperienza di gioco condivisa con Copilot di Xbox e l’interfaccia grafica di PlayStation per il daltonismo
La funzionalità più interessante offerta da Xbox è forse la modalità Copilot, che permette a qualunque coppia di giocatori con due gamepad di condividere il controllo di un’esperienza di gioco, rendendo così qualsiasi sfida approcciabile dagli utenti con i più diversificati livelli di abilità o con disabilità specifiche. Infine, Xbox offre anche accesso a una lente di ingrandimento che permette di zoomare in qualsiasi area dello schermo, dando modo agli utenti ipovedenti (ma anche a quelli con una televisione dalle dimensioni ridotte) di vedere con semplicità informazioni altrimenti impercettibili. PlayStation, dal canto suo, offre la possibilità di modificare le palette di colori dell’interfaccia per renderla più accessibile a soggetti daltonici.
Le console videoludiche, però, non sono altro che la piattaforma dove l’utente gioca e non potranno mai essere perfette. È necessario che siano i giochi stessi a tenere in considerazione l’unicità e le diverse esigenze di ogni consumatore. Anche in tale senso, negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi. Basti pensare che il gioco “blockbuster” del 2020, The Last of Us Parte II, presenta più di sessanta opzioni di accessibilità, inclusa una modalità per non vedenti. Anche i giochi da budget più modesti e addirittura progetti indipendenti integrano sempre più spesso semplici accortezze che possono rendere l’esperienza di gioco più accessibile a chiunque. Come si accennava, però, non è sempre stato così, e per rintracciare la genesi degli audio game è necessario fare un passo indietro.
Accessibilità ante litteram: l’evoluzione degli audio game a partire dagli anni Settanta
La storia degli audio game non è semplice da tracciare, ma un buon candidato come primo esemplare è Touch Me, rilasciato da Atari nel 1974. Touch Me era un gioco con pattern visivi e uditivi che si susseguivano in maniera sempre più complessa e che richiedeva al giocatore di riprodurli. Per quanto ci fossero anche elementi grafici, questi non erano necessari per poter prendere parte all’esperienza.
Il titolo generò una serie molto ampia di imitatori, ma prima che il pubblico non vedente potesse prendere parte a un’altra esperienza videoludica si dovette aspettare la metà degli anni Ottanta con l’uscita di MacInTalk, un programma di text-to-speech (TTS) per i computer Apple. Grazie a questi programmi TTS, il pubblico non vedente poté giocare a tutte le avventure testuali di quegli anni. Ai tempi, uno dei generi videoludici più popolari.
Simulmondo e gli audio game negli anni Novanta
Con l’aumento della potenza di calcolo e l’avvento della grafica 3D negli anni Novanta però non ci volle molto tempo perché le persone non vedenti si trovassero nuovamente tagliate fuori. Prima di poter parlare di nuovo di audio game in qualsiasi forma furono necessari decenni di attesa.
Proprio fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta ebbe inizio l’esperienza di Ivan Venturi come sviluppatore di videogiochi. Nel 1987, a soli sedici anni, pubblicò il suo primo gioco e poco dopo fondò la prima software house italiana: Simulmondo.
Ebbe poi inizio una parantesi piuttosto lunga in cui il coinvolgimento di Venturi nello sviluppo di videogiochi commerciali si fece sempre minore. Fino a quando nel 2010 acquistò i diritti della saga di Nicolas Eymerich, scritta da Valerio Evangelisti e pubblicata da Mondadori.
Nel 2009 Ivan era entrato casualmente in una libreria ed era tornato a casa con il primo libro della saga dell’inquisitore Eymerich tra le mani. Non poteva di certo immaginare che ne sarebbe rimasto talmente folgorato da volerlo trasporre in un’esperienza videoludica.
La saga dell’Inquisitore: come trasformare un’avventura grafica in un audio game?
Durante il meetup a cui abbiamo assistito la scorsa settimana, Ivan ha descritto la saga come «una specie di X-Files in salsa medioevale». Questa ambientazione lo aveva portato all’idea di scrivere i testi non solo in lingua italiana e inglese, ma anche in latino medioevale. Per riuscirci si era valso della consulenza di un latinista non vedente, Federico Cinti. Più la loro collaborazione proseguiva, più Ivan si rattristava del fatto che il professore non avrebbe potuto giocare al titolo, trattandosi di un’avventura grafica.
Da qui l’idea di affiancare alla grafica una descrizione vocale e sonora molto curata non solo dei testi e dell’ambiente, ma anche dell’interfaccia di gioco, così da permettere anche a un eventuale pubblico non vedente di poter fare un’esperienza completa del titolo.
Questo è esattamente ciò che successe e nel novembre del 2012 Nicolas Eymerich, Inquisitore: La Peste venne pubblicato in maniera completamente indipendente su PC, Mac e iOS, non solo come videogame ma anche come audio game.
La risposta del pubblico non si fece attendere e fu molto più entusiasta di qualsiasi previsione, soprattutto considerando la quasi totale mancanza di marketing e promozione del titolo. Per la community dei non vedenti questo gioco fu un colossal: per la prima volta potevano accedere a un’esperienza così coinvolgente. Gli utenti iniziarono a scrivere recensioni appassionate e attraverso il passaparola non ci volle molto prima che anche la stampa iniziasse a interessarsi.
Dal successo di La Peste all’Audiogame Store
Per Ivan uno dei motivi principali del successo de La Peste è da rintracciare proprio nella genesi del suo sviluppo: non essendo stato studiato come un titolo indirizzato specificatamente ai non vedenti, sono completamente assenti quelle componenti di buonismo e compassione che spesso affliggono le produzioni mirate a un pubblico disabile. La Peste è un gioco fortemente abrasivo, pieno di dark humor e di quello che Ivan ha definito “politically scorrect”.
Il successo fu tale che al primo titolo ne seguì un secondo. Quando il terzo sembrava destinato a non uscire per problemi di budget fu un fan non vedente a salvare la situazione proponendosi come finanziatore dell’ultimo capitolo.
Dal suo coinvolgimento nacque l’Associazione Audiogame, che negli anni si trasformò nell’Audiogame Store, oggi il principale produttore di audio game al mondo.
Perché sviluppare audio game oggi?
Dall’esperienza vissuta, Ivan capì che la cosa peggiore da fare nello sviluppo di audio game era pensare che il pubblico desiderasse sempre la stessa cosa. Esattamente come qualsiasi altra demografica, esistono giocatori amanti della complessità e casual gamer che cercano un’esperienza più rilassata.
Dal 2012 in poi con questa filosofia la casa di sviluppo di Ivan Venturi ha prodotto titoli veramente variegati: da giochi di guida e corsa a fighting games, passando per simulatori spaziali e drammi noir.
L’ultimo videogioco rilasciato, uscito proprio qualche giorno fa, è A Western Drama. È stato sviluppato da tre ex studenti di Ivan (Marianna Murgia, Andrea D’Angelo, Damiano Coppola) nel corso di tre anni. L’esperienza è stata talmente stimolante che i tre hanno fondato un team di sviluppo: Tribit Studio.
Le opportunità di sviluppo di un audio game
Secondo Ivan, sviluppare audio game offre opportunità a qualsiasi studio si senta pronto ad accettare la sfida. I vantaggi, infatti, sono molteplici. Il primo, e forse il più importante dal punto di vista commerciale, è il ciclo vitale dei prodotti. È noto che un videogioco farà il 90% delle sue vendite nei primi giorni sul mercato, ma questo non è vero per gli audio game. Sono esperienze mirate a quella nicchia di quaranta milioni di non vedenti che non ha accesso alla maggior parte dei titoli commerciali. Molte persone sono contente di acquistare qualunque titolo sviluppato per loro, che sia uscito ieri o dieci anni fa. Nicolas Eymerich, Inquisitore: La Peste a oggi continua a fare vendite.
L’altro incentivo commerciale per sviluppare audio game è il budget: se un’avventura grafica come quella de La Peste richiese circa 250.000 euro, il budget medio per un audio game oscilla fra i 2000 e i 4000 euro, principalmente necessari per il doppiaggio.
Infine sviluppare audio game permette di mantenere uscite regolari per utenti estremamente appassionati e desiderosi, il tutto offrendo ai membri più giovani del team la possibilità (spesso preclusa) di fare esperienza di sviluppo in quasi completa autonomia, con titoli completi, variegati e multipiattaforma, mantenendo comunque un ampio margine di sperimentazione. Insomma, è la definizione di «win-win» di Venturi.
Accessibilità e inclusività
Nel suo intervento Ivan non si è soffermato sull’aspetto sociale dello sviluppare audio game, forse perché dato per scontato. A tal proposito basterà ricordare la frase che ha aperto il meetup: «”When Everyone Plays, We all Win!”: solo se non escludiamo nessuno, comprese le persone con delle disabilità, vinciamo tutti»!
Se anche tu hai a cuore l’accessibilità a 360 gradi, ti ricordiamo che nel 2019 il nostro collega non vedente Alessandro Albano è stato intervistato dalla giornalista del Corriere della Sera, Lorenza Castagneri, a proposito di semafori sonori e autonomia in città. Ma non è tutto. Nel 2018 Alessandro ha partecipato all’edizione numero sedici del Festival della Scienza, raccontando le frontiere tecnologiche a supporto dell’accessibilità dei non vedenti e del linguaggio LaTeX per la fruizione dei contenuti scientifici. Nello stesso anno, siamo stati a Bologna per incontrare proprio la Community Accessibility Days ― dai, che ormai hai capito chi sono ― in occasione della Giornata Mondiale dell’Accessibilità. Ne abbiamo parlato in tutto l’articolo! Trovi qui il nostro contributo.