L’auto elettrica è davvero sostenibile?

da | Ott 27, 2021

Auto elettrica: un tema caldo e una grande sfida per il futuro del mercato automobilistico. Le informazioni sulla sua sostenibilità sono frammentarie e spesso contradditorie. I governi ribadiscono la necessità di indirizzare il mercato verso vetture meno inquinanti. Ma non è ancora chiaro quali tipologie di propulsioni siano più ecocompatibili. Che cosa ci dicono gli studi sull’intero ciclo di vita degli EV.

I trasporti rappresentano quasi un quarto delle emissioni di gas serra in Europa (fonte: European Commission Climate Action) e circa il 29% negli Stati Uniti (fonte: United States Environmental Protection Agency). Inoltre Il settore dei trasporti non ha visto lo stesso declino graduale delle emissioni di altri settori: le emissioni hanno iniziato a diminuire solo nel 2007 e rimangono ancora più alte di quelle del 1990, come mostrato nel grafico qui sotto.

Andamento delle emissioni di CO2 in Europa, per ambito, dal 1990 al 2014 (1990 = 100).
Andamento delle emissioni di CO2 in Europa, per ambito, dal 1990 al 2014 (1990 = 100). La voce “Transport” include l’aviazione internazionale ma esclude il trasporto marittimo internazionale; ** La voce “Others” include le emissioni causate da dispersioni di combustibili, la gestione dei rifiuti e le emissioni indirette di CO2 (fonte: EEA)

Dati non dissimili si registrano nel nostro Paese. Anche in Italia, infatti, i trasporti sono responsabili quasi del 25% delle emissioni totali di CO2, oltre che di migliaia di tonnellate di altri inquinanti (benzene, composti organici volatili, ossidi di azoto ecc.). Le statistiche, in questo caso, provengono dall’annuario dei dati ambientali sul sito dell’ISPRA.

Ebbene, proprio i trasporti su strada sono i principali imputati per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico. Autovetture, furgoni, camion e autobus producono oltre il 70% delle emissioni di gas a effetto serra causate dalla movimentazione di merci e persone.

Il parco auto italiano attualmente conta oltre 40 milioni di automobili. Considerando che la popolazione italiana è di circa 61 milioni di persone, significa un’auto ogni 1,56 abitanti. Oggi il 90% delle automobili sono alimentate con i classici carburanti liquidi, gasolio e benzina, il 9% circa sfrutta i combustibili gassosi, metano e GPL, mentre l’1% delle vetture è elettrico o sfrutta una propulsione ibrida (Annuario statistico ACI 2020).

Ancora pochi veicoli elettrici

Dai dati esposti emerge dunque che gli autoveicoli ad alimentazione alternativa rappresentano ancora una quota minoritaria del parco circolante. Tuttavia, in relazione anche alla centralità sempre maggiore che le tematiche ambientali hanno nella società, si tratta di una quota che negli ultimi anni è aumentata ed è tuttora in costante aumento.

L’incremento è dovuto a svariati fattori: blocchi alla circolazione per le vetture diesel fino all’euro 3 e le vetture benzina euro 0 e 1, incentivi e tasse per l’acquisto di veicoli “green”. Ultimo ma non meno significativo, è sicuramente il fattore moda. L’auto elettrica o ibrida è ormai diventato un oggetto di tendenza e rappresenta uno status symbol per le persone che hanno a cuore l’ambiente.

Decarbonizzare la mobilità e ridurne le emissioni inquinanti è un obiettivo fondamentale per contrastare la crisi climatica e salvaguardare la salute dei cittadini e gli equilibri ambientali. Quindi, a livello tanto di opinione pubblica quanto di politiche statali, l’auto elettrica e ibrida si pone come alternativa più sostenibile alle automobili classiche.

Ma è realmente così? Se ciò è vero dal punto di vista delle emissioni, nel momento in cui si considera il veicolo nel suo intero ciclo di vita l’alternativa auto elettrica o ibrida potrebbe perdere il suo vantaggio ambientale. Cerchiamo dunque di fare un po’ di chiarezza, prendendo come riferimento quelli che sono attualmente gli studi scientifici più autorevoli in materia.

Auto elettrica: il ciclo di vita

Ogni oggetto affronta un ciclo di vita, che inizia con la sua produzione, continua con la fase di utilizzo e termina con il suo smaltimento. L’analisi del ciclo di vita, standardizzata dalla norma ISO 14040 e ISO 14044, è una tecnica usata per quantificare l’impatto ambientale e sulla salute umana di un prodotto, durante tutta la sua vita.

La maggior parte degli studi scientifici più recenti (lavori pubblicati su riviste internazionali con processo di peer review ed impact factor) dimostra che l’auto elettrica, nel suo intero ciclo di vita, emette meno CO2eq di auto a combustione interna con prestazioni e dimensioni simili.

L’aspetto che più penalizza l’auto elettrica è la costruzione e lo smaltimento delle batterie al litio. Questo perché la costruzione delle batterie richiede grandi quantità di energia e materiali rari, mentre il loro smaltimento, specie se eseguito in modo non corretto, immette nell’ambiente innumerevoli sostanze tossiche per l’uomo.

La maggior parte degli studi prende come riferimento gli stati dell’Unione Europea. Per questo motivo le conclusioni tratte possono essere considerate generalmente valide in tutto il continente europeo, ma a causa dei differenti mix energetici e delle procedure di smaltimento delle vetture, non è detto che ciò valga per tutte le singole nazioni.

Uno studio cinese e uno europeo

Ad esempio, secondo uno studio cinese, le auto elettriche emetterebbero il 50% di gas serra in più rispetto alle auto con motore a combustione interna. Lo studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Electric vehicles from life cycle and circular economy perspectives TERM 2018: Transport and Environment Reporting Mechanism (TERM) report) sostiene invece che i veicoli elettrici hanno emissioni di gas serra nel ciclo di vita inferiori rispetto a quelli endotermici. In generale, le emissioni di gas serra associate alle materie prime e alla fase di produzione dei motori elettrici sono 1,3-2 volte superiori a quelle degli endotermici. Tuttavia, le emissioni ridotte che l’auto elettrica produce compensano questo fattore.

Un altro studio del 2019 di RSE (Girardi, Pierpaolo, Cristina Brambilla, and Giulio Mela. “Life Cycle Air Emissions External Costs Assessment for comparing Electric and traditional passenger cars.” Integrated environmental assessment and management) considerando un’unica auto media come la Volkswagen Golf, ha quantificato le esternalità ambientali legate alle emissioni atmosferiche delle motorizzazioni elettrica, benzina e diesel sia in cicli di guida urbani sia in cicli di guida extraurbani. Lo studio porta alla conclusione che, se confrontiamo le tre tipologie di veicoli – elettrico, diesel e benzina, la versione elettrica produce minori costi esterni rispetto ai tradizionali veicoli con motore a combustione interna.

Vediamo, più in dettaglio, ciascuno dei parametri che maggiormente influenzano il confronto delle emissioni dell’auto elettrica e dei veicoli a combustione interna nel loro ciclo di vita.

Produzione di batterie

Un argomento usato per contrastare l’immagine pulita dell’auto elettrica è l’inquinamento dietro il processo di produzione delle loro batterie. L’estrazione e la manipolazione di una serie di metalli delle terre rare che compongono la composizione della batteria, può contribuire notevolmente alle emissioni di carbonio. Tuttavia, come illustra un rapporto del 2018 dell’International Council on Clean Transportation (ICTT), il fattore determinante è il paese di produzione delle batterie.

Uno studio comparativo tra veicoli elettrici e veicoli con motore a combustione interna (ICEV) in Cina avvalora il rapporto ICTT, indicando che le infrastrutture e le tecniche di produzione efficienti sono le chiavi per ridurre le emissioni durante la produzione. I produttori cinesi di batterie per veicoli elettrici producono fino al 60% in più di CO2 durante la fabbricazione rispetto alla produzione di motori ICEV, ma potrebbero ridurre le loro emissioni fino al 66% se adottassero tecniche di produzione americane o europee. Pertanto, l’inquinamento creato attraverso il processo di estrazione e produzione di batterie rimane alla pari o leggermente superiore al processo di fabbricazione dei motori a benzina o diesel.

Vita dell’auto e della batteria

Molti studi, anche quelli scientifici, considerano per le auto a confronto, la stessa vita utile, indipendentemente dalla taglia e dalla motorizzazione. Il valore più comune è di 150.000 km, sebbene il valore raccomandabile per un’auto del segmento C (come una VW Golf) sia tra i 210.000 ed i 240.000 km. Utilizzare una vita dell’auto troppo corta in un LCA comparativo vuol dire svantaggiare implicitamente l’auto elettrica, i cui impatti si concentrano nella fase di costruzione. Considerare una vita di 150.000 Km vuol dire portare gli impatti di costruzione di auto elettrica e batteria da circa 45 g CO2eq/km ad oltre 70 g CO2eq/km.

Per quanto riguarda la batteria, poi, diversi studi ipotizzano una sostituzione della batteria durante la vita dell’auto. Questo nonostante molte case automobilistiche garantiscano che la batteria mantenga il 70-80% della capacità iniziale per una percorrenza compresa tra i 160.000 km ed i 200.000 km. A tale proposito vale la pena notare che, dai dati relativi a modelli Tesla X ed S per gli USA, sembrerebbe che la batteria possa durare ben oltre i limiti della garanzia.

Infine, un recente studio dimostra che la maggior parte degli spostamenti giornalieri sarebbe fattibile anche quando l’autonomia, a causa dell’invecchiamento della batteria, si sia ridotta all’ 80% o 70% di quella iniziale, rendendo un’ipotesi del tutto remota la sostituzione della batteria.

Mix energetico

Da dove proviene l’energia che alimenta le batterie di ogni auto elettrica? Questo è il fattore che maggiormente influenza le prestazioni ambientali dei veicoli elettrici. Tuttavia, anche nel caso di mix elettrici caratterizzati da una scarsa penetrazione di rinnovabili, i veicoli elettrici risultano emettere meno anidride carbonica equivalente dei corrispondenti veicoli a combustione interna. Uno studio del 2018 dimostra che persino nel caso polacco, dove oltre il 70% dell’energia proviene da carbone e lignite, l’auto elettrica emette meno CO2 delle auto a combustione interna.

Riguardo il mix energetico nazionale per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico italiano, si ricorda che questo è composto da (Fonte Gestore dei Servizi Energetici – GSE) 41,51 % di fonti rinnovabili, 42.86% gas naturale, 8,52% carbone, 0,51% prodotti petroliferi, 3,50% nucleare, 3,10% altre fonti. È chiaro quindi che, nel caso italiano, con circa il 41% da rinnovabili e una forte penetrazione del Gas Naturale nella produzione elettrica, i veicoli elettrici risultano generare meno emissioni di CO2eq.

Implicazioni sociali

Quanto è davvero sostenibile ed equa però una rivoluzione della mobilità basata sull’adozione di massa dei veicoli elettrici?

Le batterie al litio sono al centro di questa transizione epocale nel mondo dei trasporti e la loro produzione è diventata quindi una priorità e una strategia per molti paesi, in particolare la Cina, il Giappone, l’Unione Europea e gli Stati Uniti. La filiera delle batterie per i veicoli elettrici, però, è tutt’altro che equa e sostenibile. I minerali necessari per produrre queste batterie – litio, cobalto, nichel, grafite, manganese – vengono estratti dalla terra, proprio come i combustibili fossili. I principali paesi coinvolti nell’estrazione sono Argentina, Cile e Bolivia – il cosiddetto “triangolo del litio” – e la Repubblica Democratica del Congo, che produce circa i due terzi del cobalto mondiale.

I principali problemi segnalati includono forte inquinamento nelle zone di estrazione, scarsità d’acqua, esposizione a sostanze tossiche, mancanza di consultazione e consenso, conflitti e abusi delle comunità, impatto sui diritti indigeni, condizioni minerarie pericolose e lavoro minorile. L’aumento senza precedenti della domanda di queste e altre materie prime pone quindi, oltre che a rischi ambientali, a serie ripercussioni sui diritti umani.

Spesso e volentieri però, l’impatto sui diritti umani viene trascurato o ignorato dai sostenitori dell’adozione di massa di veicoli elettrici- Tant’è che la maggior parte degli studi che abbiamo citato a supporto dell’auto elettrica, che analizzano l’impatto del ciclo di vita esistente dell’auto e della batteria, ha un focus sulle emissioni di CO2, trascurando gli effetti negativi su altri fattori importanti come l’acqua, il territorio, la biodiversità e le comunità.

Implicazioni geopolitiche internazionali: Usa e Europa

Gli attori chiave che spingono per l’adozione di massa dei veicoli elettrici sono principalmente le imprese, i governi di Stati Uniti ed Europa e la Commissione europea.

Per l’Europa l’industria automobilistica è di fondamentale importanza per l’economia, visto che rappresenta oltre il 7% del PIL dell’UE. In luglio la Commissione Europea ha presentato una proposta che prevede lo stop alla vendita delle auto con motore a benzina o diesel entro il 2035.

Sul medesimo fronte sono impegnati gli USA. Il 5 agosto di quest’anno il presidente degli Stati Uniti Joe Biden firma un ordine esecutivo per il rafforzamento della leadership americana nel campo dei trasporti elettrici, attraverso il quale il governo USA si impegna a rafforzare il mercato interno. Il 50% di tutte le nuove autovetture e autocarri leggeri venduti nel 2030 dovranno essere a emissioni zero, inclusi veicoli elettrici a batteria e ibridi plug-in.

All’executive order di Joe Biden è seguito, nello stesso giorno, un comunicato congiunto di Ford, General Motors e Stellantis annunciano la loro comune aspirazione a realizzare vendite del 40-50% di veicoli elettrici entro il 2030 col fine di avvicinare la nazione a un futuro a emissioni zero coerente con gli obiettivi climatici di Parigi.

Tutto questo però, secondo i tre big player, può essere ottenuto solo con l’implementazione delle politiche di elettrificazione contenute nella Build Back Better Agenda. Ci vogliono cioè incentivi all’acquisto, una rete di ricarica completa di densità sufficiente per sostenere i milioni di veicoli che questi obiettivi rappresentano, investimenti in ricerca e sviluppo e incentivi per espandere la produzione di veicoli elettrici e le catene di approvvigionamento negli Stati Uniti.

La posizione di Toyota

Anticipando le mosse della Casa Bianca, in luglio i vertici di Toyota si rivolgono al Congresso USA e all’associazione mondiale delle case automobilistiche per promuovere una visione diversa rispetto a quella di Biden.
I massimi dirigenti di Toyota, tra cui il CEO Akio Toyoda, hanno definito la tendenza verso i veicoli elettrici “sovrastimata” in parte a causa delle emissioni associate alle centrali elettriche.

Toyota è contraria ad una transizione al “pure electric”, e sostiene invece i motori ibridi e quelli a celle di combustibile alimentati da idrogeno. I veicoli ibridi, secondo Akio Toyoda, sono un importante trampolino di lancio verso una più ampia adozione dei veicoli elettrici, dal momento che l’infrastruttura di ricarica è ancora agli inizi.

La multinazionale giapponese sostiene questa posizione da almeno due anni, affermando che – se si tiene conto delle emissioni prodotte dalle centrali elettriche e dell’impatto legato alla produzione e allo smaltimento delle batterie – l’auto elettrica non sarebbe più ecologica di quella con motore a combustione interna, ma anzi addirittura più inquinante.

“Più veicoli elettrici costruiamo, peggiori diventano le emissioni di anidride carbonica”: in un paese come il Giappone che ottiene la maggior parte della sua elettricità dalla combustione di carbone e gas naturale, i veicoli elettrici non aiutano l’ambiente, sostiene Toyoda.

Per ultima la questione della ricarica delle batterie: nel caso in cui tutto il parco auto circolante fosse alla spina, il Giappone andrebbe incontro ad un blackout, a meno che non si investa nella realizzazione di un’infrastruttura dal costo multimiliardario.

Gli interessi in gioco

L’impressione però è che Akio Toyoda abbia alzato un po’ la voce per premere sul governo giapponese in modo che non prenda decisioni che potrebbero danneggiare in primis la sua azienda, sempre concentrata sull’ibrido e rimasta spiazzata dal rapido affermarsi dell’elettrico nel resto del mondo. 

USA ed Europa contestano la posizione giapponese, osservando come la modernizzazione delle reti per la generazione e la distribuzione dell’elettricità renderanno tale forma di energia sempre più sostenibile.

Lo studio americano più recente aggiornato al febbrario 2020 proviene dalla Union of Concerned Scientists (UCS) che per confrontare le emissioni climalteranti dei veicoli elettrici con le auto a benzina, ha analizzato tutte le emissioni derivanti dal rifornimento e dalla guida di entrambi i tipi di veicoli. Per un’auto a benzina, significa guardare le emissioni derivanti dall’estrazione del petrolio greggio dal terreno, dello spostamento del petrolio in una raffineria, della produzione della benzina e del trasporto alle stazioni di servizio, oltre che alle emissioni generate dalla combustione dal tubo di scappamento.

Per i veicoli elettrici, il calcolo include sia le emissioni delle centrali elettriche che le emissioni derivanti dalla produzione di carbone, gas naturale e altri combustibili utilizzati dalle centrali elettriche. L’analisi, si è basata sulle stime delle emissioni per la produzione di benzina e combustibili dell’Argonne National Laboratory (utilizzando il modello GREET2019) e sui dati sulle emissioni delle centrali elettriche NEL 2018 rilasciati dall’EPA statunitense.

Dallo studio si evince che negli Usa il veicolo elettrico medio è più “pulito” del veicolo a benzina e se si sceglie il veicolo elettrico più efficiente disponibile, le riduzioni delle emissioni dal passaggio dalla benzina all’elettricità sono ancora maggiori.

La spina dorsale americana

Tuttavia è lecito domandarsi: sono realmente affidabili i dati provenienti dagli Stati Uniti, alla luce del fatto che il paese ha una delle reti di distribuzione dell’elettricità più arretrate del mondo sviluppato?

La spina dorsale elettrica americana dipende da un vecchio e complesso mosaico di impianti di generazione di energia. La maggior parte della rete nazionale sta invecchiando, con alcuni componenti che hanno più di un secolo, ben oltre la loro aspettativa di vita di 50 anni (dati ISPI). Insomma, si tratta di una rete sempre più sotto sforzo che registra un fabbisogno di infrastrutture stimato in 208 miliardi di dollari entro il 2029 per avere un buon grado di affidabilità e sostenibilità ed evitare blackout e crisi di approvvigionamenti energetici come quello del febbraio scorso in Texas (analisi degli ingegneri dell’ASCE).

Non solo il sistema elettrico ma l’intera filiera di produzione va rafforzata e lo sa bene Joe Biden, il quale si sta impegnando con il primo ministro canadese Justin Trudeau a dare vita ad una filiera per i veicoli elettrici tra i due paesi.
In marzo la Canadian Pacific Railway ha acquisito la Kansas City Southern, con l’obiettivo di creare la prima linea ferroviaria che collega Canada, Stati Uniti e Messico.

L’infrastruttura ferroviaria integrata metterebbe in connessione i siti minerari canadesi dove si estraggono i metalli indispensabili per la produzione di batterie, noti comunemente con l’espressione “terre rare”, sia con le fabbriche di auto di Michigan e Ohio, sia con le future fabbriche per la produzione di batterie in Messico (dove anche Volkswagen vuole localizzare la produzione di motori per il mercato americano, ora che è venuto meno il bando imposto da Donald Trump). 

E la Cina?

La Cina è protagonista assoluta del mercato dei veicoli elettrici. Offre incentivi agli acquirenti e apre le porte di casa alle imprese tecnologiche impegnate nello sviluppo delle auto. Pechino punta entro un decennio di fare degli EV un prodotto di massa.

Non solo, l’industria cinese delle auto elettriche è la più grande al mondo: si contano circa 300 produttori diversi. Il Governo sta quindi pensando ad una strategia per mettere ordine in un mercato con troppi player in campo.
Durante una conferenza stampa di settembre, il ministro cinese dell’Industria Xiao Yaqing ha affermato che le aziende cinesi di veicoli elettrici devono diventare più grandi e più forti. Probabilmente la dichiarazione aveva l’intento di preannunciare un nuovo intervento da parte del governo – in un settore privato – per favorire le fusioni delle attuali imprese, razionalizzarle e consolidarle.

Da un software operativo di stato per le auto elettriche ad un tasso minimo di capacità produttiva da soddisfare nel settore EV, l’obiettivo del Paese è sicuramente quello di non perdere il suo primato e stare al passo con Europa e Stati Uniti. Sulle due sponde dell’Atlantico ci si sta organizzando infatti per rafforzare la filiera di produzione e rendersi indipendenti dalla Cina, che possiede tra l’altro, la maggior parte delle miniere di terre rare finora scoperte a livello globale.

Possiamo affermare dunque con certezza che siamo spettatori di uno scontro tra potenze, nell’ambito di una guerra tecnologica e commerciale che vede Usa, Europa, Cina e Giappone, fronteggiarsi per la supremazia futura di un settore strategico.

C’entra anche l’Afghanistan

In questa contesa economica e tecnologica globale si inserisce l’Afghanistan: una vera e propria miniera d’oro, che possiede enormi quantità di nichel, cobalto e litio ancora inutilizzate. Questo suo tesoretto, secondo una stima di una decina di anni fa, è quantificabile nell’ordine del milione di milioni di dollari. Con la presa al potere dei talebani e il ritiro degli USA da Kabul, chi potrebbe trarre vantaggio dalla situazione? Questo El Dorado sarà di chi riuscirà ad aiutare i talebani ad estrarlo dal suolo.

Nonostante non sia semplice investire in un paese fortemente instabile come l’Afghanistan, la Cina che già strizza l’occhio ai talebani e appoggia “con cautela” il nuovo governo, potrebbe offrire imparzialità politica, investimenti economici e tecnologia al paese, sottraendo agli Stati Uniti un’area di interesse per i metalli critici e creando una nuova Via della Seta.

Se è cinese la prima azienda che ha estratto petrolio in Afghanistan (stiamo parlando del 2012 quando la China’s National Petroleum firma l’accordo che le consente di attingere alle riserve di petrolio e gas del paese), non dobbiamo stupirci se fosse cinese anche la prima azienda ad estrarre le terre rare dal sottosuolo afghano.

Imputata assolta

Alla luce dei dati esposti, viene naturale chiedersi: i veicoli elettrici sono davvero più sostenibili?

Gli EV rappresentano allo stato attuale, una tecnologia ancora in fase di sviluppo. Le autovetture presenti sul mercato fanno parte di un processo di innovazione che deve ancora arrivare alla sua completa maturazione, ovvero la standardizzazione di una tecnologia che includa al meglio obiettivi di sostenibilità ed efficienza.

I nodi sui quali si dovrà intervenire per rendere questi veicoli ancora più competitivi sono il potenziamento dell’autonomia in termine di chilometri percorsi con una ricarica, una distribuzione capillare delle stazioni di rifornimento, la creazione di metodi di ricarica più rapidi ed il miglioramento delle attività di riciclo delle batterie.

Dal punto di vista ambientale, l’auto elettrica può diventare una risorsa significativa sul fronte della riduzione delle emissioni, soprattutto se il mix energetico è composto da produzione da fonti rinnovabili. Tuttavia, su questo versante, le soluzioni si dimostrano più complesse da mettere in atto. Gli studi presi in considerazione dimostrano come per alcuni aspetti i veicoli elettrici siano migliori delle alternative a benzina e diesel, mentre sotto altri aspetti (vedi sfruttamento nelle miniere e violazione dei diritti umani nei paesi di estrazione) siano ancora insoddisfacenti.

Cambiare il modello energetico

In un contesto urbano i veicoli elettrici risultano certamente molto efficienti, riducendo notevolmente le emissioni inquinanti. Tuttavia, se non si adottano misure aggiuntive, vi è il rischio di spostare le emissioni dai centri abitati alle centrali elettriche, limitandosi ad una soluzione dei problemi locali e non globali.

Il passaggio ad una mobilità più sostenibile deve andare di pari passo con un cambio del modello di produzione dell’energia, l’adozione di misure volte a diversificare i luoghi di origine delle materie prime per assicurare una supply chain etica: si tratta di ampliare la prospettiva, considerando gli impatti di tutta la filiera e non solo del suo prodotto finale.

Nel breve periodo, risulterà fondamentale, non tanto la competizione tra tecnologie (elettrico vs. convenzionale), ma piuttosto una adeguata combinazione delle stesse e la promozione di soluzioni di mobilità alternative a quella individuale, come il ride sharing e il car sharing. L’adozione dei veicoli elettrici potrà essere davvero risolutiva solamente quando si adotteranno delle politiche globali di riduzione della domanda di energia e di minerali e del numero di auto in circolazione.

Fonti

HAWKINS T. R. et al, 2012 – Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles

DANIELIS R., 2017 – Le emissioni di CO2 delle auto elettriche e delle auto con motore a combustione interna. Un confronto per l’Italia tramite l’analisi del ciclo di vita

QINYU QIAO et al., 2017 – Cradle-to-gate greenhouse gas emissions of battery electric and internal combustion engine vehicles in China

DEL PERO F. et al., 2018 – Life Cycle Assessment in the automotive sector: a comparative case study of Internal Combustion Engine (ICE) and electric car

BURCHART-KOROLA D. et al., 2018 – Environmental life cycle assessment of electric vehicles in Poland and the Czech Republic

LIDIANE LA PICIRELLIDE SOUZA et al., 2018 – Comparative environmental life cycle assessment of conventional vehicles with different fuel options, plugin hybrid and electric vehicles for a sustainable transportation system in Brazil

GIRARDI P. et al., 2018 – Auto elettriche e auto tradizionali: un confronto basato sul ciclo di vita dalla city-car due posti al SUV

GIRARDI P., 2019 – Life Cycle Air Emissions External Costs Assessment for Comparing Electric and Traditional Passenger Cars

Agenzia Europea dell’Ambiente (Electric vehicles from life cycle and circular economy perspectives TERM 2018: Transport and Environment Reporting Mechanism (TERM) report

https://www.somo.nl/wp-content/uploads/2020/12/SOMO-The-battery-paradox.pdf

Valentina Capozza
Valentina Capozza
Un po' designer, un po' fotografa, un po' analista. Sempre in cerca di un punto di equilibrio fra il precipizio e il volo divino.

Potrebbe piacerti anche

Cybersecurity, arriva la NIS 2: cosa cambia per le infrastrutture critiche e come Spindox aiuta i suoi clienti

Cybersecurity, arriva la NIS 2: cosa cambia per le infrastrutture critiche e come Spindox aiuta i suoi clienti

Dal 17 ottobre 2024 la NIS 2 è pienamente vigente. La direttiva introduce nuove regole per la sicurezza informatica delle infrastrutture critiche e dei servizi essenziali in Europa. Le aziende nei settori energetico, sanitario, delle telecomunicazioni e altri sono chiamate ad adeguarsi a standard più elevati. Chi è impattato, i rischi di non conformità e il ruolo di Spindox nell’aiutare i clienti a migliorare la propria sicurezza.

I principali trend di Intelligenza Artificiale per il 2025

I principali trend di Intelligenza Artificiale per il 2025

Il campo dello sviluppo software sta subendo una trasformazione radicale grazie all’intervento dell’Artificial Intelligence. L’AI non sta solo automatizzando le attività, sta diventando un assistente indispensabile, migliorando l’efficienza e la qualità del codice. Ma quali sono le aree chiave in cui l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando la programmazione?