Da quando il 28 ottobre 2021 Zuckerberg ha annunciato che il futuro del social network sarà Meta, tutti parlano di Metaverso e di mondi virtuali dalle potenzialità infinite. Eppure l’espressione Metaverso sembra solo un’ottima trovata di marketing per identificare l’evoluzione di qualcosa che in teoria esiste già da tempo.
Il Metaverso tra passato e futuro: il “caso” Second Life
Correva l’anno 1992 quando Neal Stephen utilizzò per la prima volta il termine Metaverso all’interno del suo romanzo “Snow” per indicare uno spazio tridimensionale all’interno del quale le persone fisiche possono muoversi, condividere esperienze e interagire con l’ambiente attraverso avatar personalizzati.
Una suggestione davvero affascinante e avanguardistica quella dello scrittore americano, ancor più se si pensa che solo due anni prima era nato il World Wilde Web sviluppato da Tim Berners-Lee come sistema di condivisione delle informazioni in ipertesto, antesignano di tutte le successive evoluzioni che hanno portato all’attuale e complesso contesto di quello che oggi ci limitiamo a chiamare “Internet” o semplicemente “Web”.
Nel 2003, a distanza di 11 anni dalla comparsa del termine Metaverso, abbiamo tutti assistito a ciò che forse più di qualsiasi altro ambiente virtuale si è avvicinato a concretizzare l’idea avuta da Stephen. Stiamo parlando di Second Life, l’ambiente virtuale creato dalla società Linden Lab che permetteva agli utenti di poter vivere una seconda vita digitale attraverso il loro avatar, scegliendo come vestirsi, comprando beni virtuali all’interno dell’ambiente, interagendo con gli altri utenti connessi attraverso testi scritti e addirittura inventandosi lavori per permettere di guadagnare nel mondo reale.
Il picco di utenti attivi è stato raggiunto nel 2008, con 8 milioni di utenti e 1,1 milioni di persone che quotidianamente non rinunciavano a collegarsi al mondo virtuale. Esaurito l’entusiasmo iniziale, il progetto ha iniziato una parabola discendente che si è concretizzata attraverso un lento e costante abbandono da parte degli utenti, decisamente più attratti da altri ambienti digitali (fra tutti proprio Facebook) che ne duplicavano le dinamiche di interazione ma in maniera meno distaccata dalla realtà e soprattutto meno impegnativa in termini di usabilità e facilità di utilizzo.
Per ironia della sorte oggi è lo stesso Zuckerberg a rilanciare l’idea di un mondo virtuale in continua evoluzione, presentato come il futuro dei social netwok e l’ultimo step evolutivo dell’ormai vecchio web 2.0. È difficile prevedere quali siano gli scenari futuri che ci attenderanno in qualità di utenti, ma la certezza è che il Metaverso non è qualcosa di totalmente nuovo, e il discorso non cambia se spostiamo l’asse dell’attenzione dal mondo social al mondo del business.
Il Digital Twin è il presente del Metaverso?
Nella cornice della Decision Intelligence il concetto di digital twin ha raggiunto il ruolo di step evolutivo della Simulazione. Una definizione esemplificativa del termine vede il digital twin come una copia virtuale di oggetti esistenti nel mondo reale. Il Metaverso, a sua volta, potrebbe essere considerato un gemello digitale del mondo reale? Per molti versi Digital Twin e Metaverso non sembrano concettualmente tanto distanti.
Grazie ai digital twin, infatti, è possibile duplicare qualsiasi ambiente e processo: dalla simulazione dei processi di impianti industriali complessi alle dinamiche di movimentazione della merce in magazzino, la possibilità di rappresentare qualsiasi aspetto dell’oggetto fisico a livello meccanico, geometrico ed elettronico, secondo un approccio che permette di sviluppare attività sperimentali e predittive, consente sia di risparmiare sui costi di prototipi fisici molto costosi sia di prevedere con largo anticipo eventuali malfunzionamenti e anomalie, riducendo i rischi e gli errori che potrebbero impattare negativamente su tutti i processi industriali.
In altre parole, i digital twin consistono in una serie di istanze virtuali di un asset fisico, caratterizzate da un flusso continuo di dati in tempo reale che consente di utilizzare l’internet of things, l’intelligenza artificiale e il machine learning, per effettuare analisi predittive e simulazioni complesse in tempo reale.
Stesse dinamiche, intenti diversi: se è vero che i digital twin e il Metaverso condividono le stesse logiche di base di funzionamento è altrettanto vero che i primi sfruttano le potenzialità offerte dall’Artificial Intelligence per supportare i decisori in importanti scelte strategiche di business; sul secondo invece non c’è ancora una chiarezza di intenti se non quella di voler offrire agli utenti esperienze totalmente immersive in una realtà simulata non necessariamente “gemella” rispetto al mondo reale.
I possibili scenari futuri
Il presente ci insegna che il digital twin può essere sicuramente applicato ad ogni aspetto rappresentabile del mondo reale. Questo presupposto costituisce la base per creare infiniti mondi digitali, naturali estensioni per le attività svolte dall’uomo.
L’anello di congiunzione tra digital twin e Metaverso sta nella possibilità di condividere una realtà virtuale attraverso internet, all’interno della quale si è rappresentati in tre dimensioni grazie al proprio avatar (come in Second Life) ma con l’aggiunta di potersi “realmente” interfacciare con il virtuale grazie all’utilizzo dell’Iot e di sensori che rendono estremamente reale l’esperienza di fruizione.
Un’altra possibile evoluzione è quella dello spatial computing, che ci permette di superare le barriere spazio temporali grazie alla proiezione di contenuti digitali nel mondo reale. Qualcosa di molto simile alla realtà aumentata, che potrebbe concretizzarsi, ad esempio, con la possibilità di partecipare ad una riunione tra colleghi attraverso ologrammi realistici, capaci di riprodurre in tempo reale una copia della nostra figura, in un ambiente lontano dal luogo fisico in cui ci troviamo in quel determinato momento: una sorta di digital twin di noi stessi proiettato nel mondo reale, e il Metaverso è fatto.