PMO, ovvero Project Management Officer. Supporta la pianificazione e la gestione dell’avanzamento dei lavori, ma anche la redazione di documenti funzionali. Una figura chiave in molti progetti.
A metà tra l’analista funzionale e il Project Manager, quello del PMO è un ruolo ibrido, poliedrico, dalle molte sfumature. Roberta Cecatiello e Giulio Palmeri, che in Spindox fanno proprio i PMO, ci aiutano a mettere a fuoco tutti questi colori.
Roberta: “La mia è una figura ibrida. Ricopro un ruolo da intermediario tra il PM e gli sviluppatori.”
Facciamo qualche esempio. Qual è un’attività tipica da PMO?
Spesso mi chiedono di gestire su Excel i GANTT (la rappresentazione grafica del calendario delle attività di un progetto), per la programmazione e la stima delle tempistiche di progetto.
E lo strumento tipico da PMO?
InVision. È uno strumento di progettazione e prototipazione di siti web e mobile che ti permette di definire demo e prototipi di app, simulando le interazioni con il prodotto software. È molto utile nei casi in cui il cliente ti chiede qualcosa di vago, senza scendere troppo nei dettagli delle funzionalità da sviluppare. Tu allora gli fai un proposta demo così che lui possa rendersi conto visivamente di cosa puoi andare a produrre nello specifico.
Roberta Cecatiello e Giulio Palmieri: un po’ analisti funzionali, un po’ PM. I nostri PMO.
Parlaci del tuo percorso di studi e delle prime esperienze lavorative.
Sono laureata in Economia e Commercio con una tesi triennale in Macroeconomia e una specialistica in Diritto Commerciale e Politica Economica. Dopo la laurea ho provato a trasferirmi in Svizzera. Nonostante i miei studi, tempo cinque-sei mesi e stavo già per rassegnarmi all’idea di fare la cameriera – anche se lì pagano bene. Sono tornata a casa, a Napoli e ho fatto subito domanda per un master aziendale in un’altra società di consulenza , in cui successivamente ho anche lavorato come stagista. Alla fine dello stage sono stata contattata su Linkedin da Spindox.
Hai detto società di consulenza, cosa c’entra questo lavoro con le tue tesi di laurea?
Niente. Io volevo fare tutt’altro lavoro. Volevo fare la giornalista economica (scoppia a ridere) solo che (sempre ridendo, anzi, ridendo ancora di più) non ci sono riuscita. E quindi niente, so’ qua…
…nella consulenza?
Nella consulenza. Alla fine ci sono arrivata quasi per caso. Però mi piace, sono contenta del lavoro che faccio.
Com’è stato il passaggio da una realtà all’altra?
La prima cosa che ho notato, giunta in Spindox, è che quando arrivavo a fine giornata non ero stressata, nonostante, numeri alla mano, avessi lavorato di più. Di più ma sopratutto meglio. Merito del clima, molto cordiale e informale, nel senso buono della parola, ma soprattutto di una cultura aziendale e del lavoro più moderna e incentrata sulla persona.
Per il lavoro che fai che percorso suggeriresti?
Innanzitutto, prima ancora del percorso di studi e delle competenze specifiche che può essere utile acquisire, alla base ci dev’essere una forte passione per il mondo dell’informatica, dell’IT; una voglia di studiare, di approfondire, di mantenersi sempre aggiornati su tematiche che magari non fanno parte del tuo mondo (perché comunque l’IT non fa parte del mio bagaglio culturale…non ancora!). Le competenze più tecniche e legate a un certo percorso formativo – nel mi caso quello relativo alle scienze economiche – sono sì imprescindibili, ma proprio per questo le darei per scontate.
Una cosa che poi serve proprio nelle attività di cui mi occupo è invece la capacità di astrazione, di gestire un flusso funzionale a un livello più alto rispetto a quello più tecnico su cui si concentra maggiormente un informatico o uno sviluppatore. Il mio compito è tradurre in un linguaggio naturale, più fruibile, quello che viene sviluppato a livello di codice.
Sappiamo del tuo contratto di Alto apprendistato…
Si, dunque, al termine dello stage qui in Spindox, nell’interesse reciproco da parte mia e dell’azienda di continuare il rapporto di lavoro, mi vennero fatte due proposte. Oltre all’indeterminato, si era infatti aperta la possibilità per un contratto di Alto Apprendistato. Quindi l’opportunità di seguire in parallelo all’attività lavorativa, un percorso di formazione attraverso un Master CEFRIEL per approfondire alcune competenze più specifiche in ambito IT. Alla fine scelsi il contratto di Alto Apprendistato. Non so perché, non chiedetemelo – chi me l’ha fatto fa’?! Volevo apprendere ancora di più!
Figo. Come funziona?
L’impegno previsto era e tuttora è di due o tre giornate al mese. Il corso è strutturato in moduli che spaziano trasversalmente da ambiti più prettamente IT ad ambiti a sfondo più mangaeriale, quindi legati al Project Management. Ma si studia anche sicurezza informatica, graphic design.
Chiudiamo con un grande classico, ormai: cos’è per te l’innovazione?
L’innovazione è la capacità di dare delle soluzioni a dei bisogni ancora inespressi.
Seguono alcune citazioni in Napoletano stretto tratte dalla serie tv Gomorra. Ma per queste dovete aspettare il video di Daniel.
Fine dell’intervista a Roberta.
Inizio dell’intervista a Giulio.
Una tua definizione di PMO.
Giulio: “Il PMO è il responsabile di tutta la documentazione e la reportistica funzionale. È un semplificatore, sia per quanto riguarda la definizione e la messa a punto dei requisiti tecnico-funzionali, sia dal punto di vista della comunicazione tra sviluppatori, PM e cliente.”
Differenza tra PM e PMO.
Rispetto al PM, il PMO è più verticale al progetto. In questo senso è un ponte sia tra il team di sviluppo e il cliente sia verso il PM e ovviamente gli stakeholder – cioè le parti interessate, interne al cliente – a cui il PM fa da riferimento.
Compito del PMO poi è anche quello di identificare, di progetto in progetto, metodologie o casi d’uso applicativi che si siano rivelati particolarmente efficaci, in modo tale da poterli riutilizzare in futuro – in gergo si dice “individuare le lezioni e apprenderle.
Esperienze lavorative?
Ho lavorato per varie realtà. Tra le più importanti annovero l’esperienza in Sky Italia, che a livello digitale, di metodologie operative ma anche a livello di acquisizione di competenze tecniche mi ha dato tanto. Questa è l’esperienza che valuto come più formativa nel mio percorso. Poi ho lavorato, da esterno, presso l’IT di Nestlè. Anche questa si è rivelata un’esperienza molto costruttiva.
Percorso di studi?
Ho fatto il liceo classico.
Un altro umanista. Cos’ha di tanto speciale l’approccio umanistico?
Invece che focalizzarsi sulle singole metodologie o sulle singole nozioni, l’approccio umanistico mira a trovare una storia oppure un’immagine unitaria in cui tutti questi dati, tutte queste nozioni acquistino un significato – in pratica, guariamo il cielo e invece che tanti puntini luminosi isolati vediamo costellazioni. Come diceva James Hillman, qualsiasi teoria, anche scientifica, non è che un mito, un grande racconto che prova a vestire di significato, attraverso un’interpretazione fra le tante possibili, la grande e complessa realtà multiforme. L’approccio umanistico è la capacità di cogliere in una visione d’insieme, quindi di raccontare in una storia coerente, gli aspetti o alcuni degli aspetti di questa realtà. Motivo per cui ogni grande scienziato in fondo è anche un grande umanista. E viceversa. La dicotomia non è né deve essere allora tra scientifico e umanistico. La vera dicotomia è fra scientifico e umanistico da una parte, e tecnico e nozionistico dall’altra. Scientifico e umanistico sono due facce di una stessa medaglie.
Cosa deve avere un buon PMO?
Ancor prima di un’eccellente formazione tecnica, è fondamentale avere una buona cultura, farsi una buona cultura. E con ciò non intendo andare a vedere le mostre quando ci sono le giornate dei musei aperti, essere informati sui quotidiani o guardare i film che compaiano nella top 50 dell’Huffington Post. Non basta, neanche lontanamente. Avere una buona cultura significa innanzitutto pensare con la propria testa. Sviluppare un pensiero critico attraverso cui passare al vaglio gli stimoli a cui siamo incessantemente sottoposti. Uno dei migliori modi per farsi una buona cultura è leggere. Leggere i grandi pensatori del passato, leggere la grande narrativa. Ma anche questo è solo un punto di partenza. Bisogna innanzitutto essere curiosi, esporsi. Al bello: alla bella musica, al buon cibo, alle belle persone e ai bei modi. L’esporsi al bello è forse il miglior alleato della buona cultura. L’educazione allora dev’essere improntata al bello.
Approccio umanistico e tecnologia: come coniugarli? Lo chiedo a te che hai un diploma di maturità classica e una laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso il Politecnico di Torino.
La tecnologia è molto importante. Specialmente nel nostro mestiere, è fondamentale. Ma forse, soprattutto in fase di progetto, è ancor più importante cercare di capire chi e come determinate persone utilizzeranno quella tecnologia. E qui ritorniamo al discorso sulla cultura, che è comunque anch’essa una tecnica, un artificio umano. La cultura ti permette di uscire da te stesso. E uscire da te stesso significa metterti dalla parte dell’altro e capire come pensa e agisce. Quindi come andrà a utilizzare determinati strumenti tecnologici.
Com’è stato il passaggio in Spindox dalle tue precedenti esperienze lavorative, nel bene e nel male?
Non solo nel bene?
No, no, anzi…
Va beh, tanto poi tagliate qua…Comunque, la differenza di Spindox rispetto ad altre realtà: in Spindox c’è una maggiore attenzione alla valorizzazione dell’esperienza, del vissuto lavorativo. Alla qualità, alla delivery. E poi lo spirito di collaborazione: si cerca di promuovere un’interoperatività all’interno del progetto tra sviluppatori, manager e clienti – anche qui, di certo non è una prerogativa esclusiva di Spindox ma è sicuramente un punto di forza dell’azienda. Ciò che invece forse manca sono, paradossalmente, dei tempi morti. Mi spiego: spesso si passa da un progetto all’altro quasi senza soluzione di continuità, quindi senza avere neanche il tempo di prepararsi al meglio alla nuova sfida lavorativa, di arrivare preparato alle attività che poi ti vengono assegnate. È una questione molto delicata. Perché se da una parte, specialmente in una società di consulenza, non avere tempi morti è senz’altro un bene, dall’altra rischia di portarti fuori giri, come un motore che non è più in coppia e perde in brillantezza.
A proposito di tempi morti, al di fuori del lavoro, cosa fai? Un tuo hobby?
Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto. Io sono orgoglioso di quelle che ho letto.
Ok, sta citando Jorge Luis Borges, ma non credo che il suo hobby sia Borges.
Il mio hobby principale è leggere. Poi può succedere che ogni tanto riesca a buttare giù qualcosa: qualche raccontino, un paio di versi. Ma la mia passione è leggere.
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe fare il tuo lavoro? Aspetta, già so la risposta…
Leggere molto, soprattutto narrativa.