La digitalizzazione dei servizi è stata ovunque accelerata dalla pandemia. In contesti sanitari complessi, il ricorso a soluzioni informatiche per la raccolta e l’analisi dei dati prelude ad una ottimizzazione gestionale delle prestazioni.
Una cittadinanza solo digitale?
Non hanno lasciato indifferente l’opinione pubblica francese le dichiarazioni con le quali la Défenseure des Droits, Claire Hédon, ha preso parola sui disagi provocati nel Paese dalla «digitalizzazione forzata» dei servizi pubblici. Per le modalità attraverso cui sta avvenendo, questa si configurerebbe infatti per alcune categorie di cittadini come «una sorta di abuso istituzionale».
Il dibattito è stato rilanciato sulle colonne de “Le Monde diplomatique” da Serge Halimi attraverso un editoriale. Il direttore della rivista ha rimarcato come l’accesso alle prestazioni pubbliche da remoto risulti particolarmente apprezzato da giovani, laureati, professionisti, impiegati, residenti all’estero. Al contempo la “semplificazione”, presupponendo il ricorso a dispositivi informatici, rappresenterebbe «una condanna all’esilio in patria» per circa 13 milioni di persone. Tanti in Francia, uno su cinque, i cittadini da considerare «tecnologicamente svantaggiati».
Pandemia e digitalizzazione
Il processo di digitalizzazione, accelerato dallo stato di emergenza dovuto alla pandemia, ha ovviamente riguardato anche i servizi sanitari. In Francia come in Italia, come nel resto d’Europa. E non poteva certo essere altrimenti. In ambito sanitario, però, il crescente ricorso a strumenti informatici non si è attestato alla sola semplificazione di procedimenti amministrativi, ma ha interessato l’accesso stesso alle cure mediche, diversamente impossibile. Si pensi alla telemedicina, al monitoraggio da remoto del paziente, al self-management dei malati cronici, alla diffusione di biosensori per il rilevamento di parametri vitali o, più banalmente, alla generalizzazione dell’uso del fascicolo sanitario elettronico.
Lo sviluppo della Digital Health
Ci troviamo di fronte a una rivoluzione in pieno svolgimento, sebbene il ricorso ad Intelligenza Artificiale e automazione giunga da lontano, consentendoci d’individuare nella Digital Health un autonomo campo di ricerca e sviluppo. Questo perché l’introduzione di tecnologie avanzate risponde a problemi da tempo all’ordine del giorno. Si pensi all’invecchiamento del personale sanitario, con difficoltà accresciute nel reclutamento dello stesso, o al diritto di cura da garantire ad una popolazione anziana con elevati tassi di ospedalizzazione. Per un verso, dunque, si confida di affidare alla medicina digitale un ruolo ausiliare, e in prospettiva sostitutivo, nelle funzioni di assistenza al degente. Per altro verso l’impiego ne viene incentivato nell’ambito vero e proprio delle cure cliniche, in particolare nella medicina di prevenzione.
Diagnostica avanzata e modelli predittivi
Il riferimento è al rilievo assunto dal Machine Learning nella diagnostica avanzata o, ancora, all’impiego di tecniche di Data Science per l’elaborazione di modelli predittivi. In questo ambito per Spindox il punto di partenza è rappresentato dal progetto COD19, il Centro Operativo Dimessi Covid-19 selezionato nel 2020 dalla Regione Lombardia tra le collaborazioni volte a contrastare l’emergenza sanitaria. In quei mesi fu predisposta una piattaforma per monitorare a domicilio i pazienti e consentire altresì la raccolta di informazioni mediche durante il periodo d’isolamento. L’indicizzazione di queste permise, mediante un training sui dati progressivamente disponibili, l’elaborazione di modelli previsionali sul decorso della malattia. Uno schema riproponibile in scenari ancor più complessi, essendo il margine di accrescimento del learning rate connesso alla ricchezza di dati in termini quantitativi e di varietà delle sorgenti.
Artificial Intelligence e diritto alla salute
Più ad ampio spettro rispetto al trattamento terapeutico e farmacologico destinato ai pazienti, va detto che il ricorso a soluzioni informatiche costituisce ormai un requisito per raggiungere l’ottimizzazione dei servizi in contesti sanitari complessi, come quelli di ambito regionale. La raccolta, archiviazione ed analisi di ingenti flussi di dati richiede la progettazione di applicativi pensati per garantire un’efficace gestione delle prestazioni. Ed è dall’accurata profilazione della popolazione in campo medico che può derivare una gestione dei servizi calibrata su esigenze pienamente riscontrabili.
È di qui che oggi passa per i cittadini il diritto alle cure. Un passaggio obbligato, non vessatorio. Il digitale, infatti, non sostituisce l’umano. È chiamato a migliorare il rapporto dei cittadini con l’amministrazione sanitaria ed il personale medico, non a precluderlo. La combinazione tra Intelligenza Artificiale, scienze statistiche e ottimizzazione matematica si intende funzionale a precisare l’offerta di servizi, a garantirne un’adeguata diffusione territoriale, ad efficientare l’omogeneità delle prestazioni. Sulla base di queste considerazioni, è legittimo affermare che l’impiego di tecnologie avanzate si presta, in ultima istanza, all’incontro ravvicinato con i bisogni di una popolazione di cui la Costituzione italiana tutela, tra gli altri, un «fondamentale diritto»: quello alla salute.