Negli ultimi decenni, il design digitale ha vissuto una crescita senza precedenti, grazie allo sviluppo rapido delle tecnologie, dei dispositivi, dei sistemi operativi, della connettività e del web. Questo ha permesso alle principali aziende tecnologiche di conquistare un vero e proprio impero, con milioni di utenti in tutto il mondo che si sono innamorati delle app e dei servizi di intrattenimento.
La rivalsa del design
“Il design aumenta il valore più di quanto aumenti i costi”
(Joel Spolsky, programmatore web, scrittore e creatore di Trello)
Tuttavia, la sfida per i designer è stata quella di dimostrare la propria rilevanza e ottenere un riconoscimento sempre maggiore all’interno del settore, specialmente da parte degli investitori, che tendono a concentrarsi su risultati misurabili come la produzione e le vendite. Spesso i dirigenti si sono mostrati riluttanti a destinare risorse aziendali alle funzioni di progettazione.
Nonostante questa sottovalutazione, gli utenti finali hanno dimostrato di essere consapevoli ed esigenti. Lo hanno fatto spingendo le imprese ad adottare approcci “design driven”, ovvero basati sulla creatività e sull’analisi costante delle esigenze degli utenti.
La sfida è stata accolta? Ci sono dati a confermarlo
Un rapporto del 2018 di McKinsey & Company, intitolato “The business value of design”, ha analizzato il valore economico intrinseco di un approccio design-driven, prendendo in esame 300 società quotate in borsa in diversi settori e paesi nel corso di cinque anni. I risultati hanno evidenziato che le aziende orientate al design e all’esperienza utente hanno ottenuto performance superiori e un reale ritorno sugli investimenti per gli azionisti.
Con la crescita evidente dei prodotti e dei servizi, l’emergere di nuove figure professionali specializzate e il ruolo sempre più centrale che il design gioca nel mercato globale, possiamo affermare che il design ha superato ampiamente questa prova.
Una nuova sfida: l’AI generativa nel design digitale
Tuttavia, ora si presenta una nuova sfida per il settore. Negli ultimi anni, l’interesse del mercato si è spostato rapidamente verso l’IA generativa, che ha raggiunto numeri straordinari in pochi mesi. Ad esempio, il fenomeno di ChatGPT rappresenta una testimonianza dell’esplosione di questo servizio, con risultati sorprendenti a cui ci dobbiamo ancora abituare.
In questo contesto, dopo i picchi di crescita durante la pandemia, i mercati tecnologici hanno subito ribassi e saturazione degli utenti. Ecco perché l’IA sembra essere molto più di una moda passeggera: potrebbe essere parte di una rivoluzione digitale più ampia, legata ad esempio all’ascesa del Web3 e all’adozione delle criptovalute. Diverse grandi multinazionali, che hanno investito a lungo in tecnologie come machine learning, deep learning e computer vision, credono che l’IA possa salvare il settore tecnologico e consentirne la continua crescita.
Tutti gli occhi su Adobe Firefly
Tra gli investimenti e le acquisizioni recenti di Alphabet, Meta e Microsoft, spicca Adobe, nota casa di software per i creativi. In partnership con Google e il suo nuovo linguaggio AI chiamato Bard, Adobe promette di integrare l’intelligenza artificiale nella sua suite, con un progetto chiamato Firefly. La presentazione di questo prodotto, la sua versione beta già rilasciata e l’ultimo evento Google I/O hanno generato grandi aspettative nel mondo del design digitale.
Firefly rappresenta un cambiamento significativo nel mercato, poiché offre una personalizzazione totale dei contenuti multimediali generati, consentendo di modificare specificamente livelli e componenti. Inoltre, Adobe sta lavorando anche all’applicazione di standard e tag universali per i contenuti, come parte delle iniziative Content Authenticity Initiative (CAI) e Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2PA). Una mossa al fine di evitare violazioni di copyright e garantire un adeguato riconoscimento per i creatori. Sembrerebbe inoltre che Adobe intenda collaborare con la community per “educare” la sua AI.
Le aziende che investono in AI e che abbracciano queste nuove ed entusiasmanti funzioni sono inclini a integrarle nei loro ecosistemi. Ciò spinge questi strumenti verso un miglioramento continuo e un futuro sempre più basato sul cloud. Non è un caso che Adobe abbia acquisito nel 2022 Figma, un servizio di prototipazione di interfacce utente basato interamente sul web.
L’etica di ChatGPT e dell’AI generativa nel design digitale
Il design ha vissuto moltissime vite: è passato da appendice degli aspetti funzionali e operativi degli anni ’60-’70 al primo boom degli anni ’80 (con l’esplosione del mondo della comunicazione visiva e pubblicitaria). Per non parlare degli anni ’90 e 2000, del design digitale data driven, fino alla rivoluzione immateriale targata NFT (ancora in corso, per altro).
Adesso, in un mondo che cambia a una velocità che forse nemmeno noi ci aspettavamo, è arrivato il design nel campo dell’AI generativa. Ma se i vantaggi funzionali sono chiari a tutti, un po’ più di inquietudine la desta la “questione etica” relativa a questo campo. Come in altri settori creativi, la domanda che ci si pone è una sola: è la fine dell’era dei designer?
Sì e no. Cambia la maniera di fare il design, ma l’uomo è molto meno marginalizzato di quello che potremmo pensare. Proviamo a riflettere un attimo su quello che è l’essenza del design. Si tratta di un insieme di tecniche manuali e\o informatiche (che richiedono un alto grado di sapienza e raffinatezza)? oppure di idee?
A nostro parere, la primazia dell’idea e della persona sullo strumento è ciò che distingue ChatGPT, Firefly o Midjourney da un designer in carne e ossa. E perciò, uno strumento di questo tipo non potrà mai rimpiazzare il lavoro intellettuale, l’empatia, la sapienza e la capacità di discernere il bello dal brutto di un designer reale. Al massimo si potrà trasformare in uno strumento che lo aiuta nel lavoro di tutti i giorni, per quella che è un po’ “l’ordinaria amministrazione”.
Ma per capire meglio, proviamo a fare un passo indietro.
“È morta la pittura”
Chalon-sur-Saone, Francia, 1826. Nicéphore Niépce compie un gesto rivoluzionario: passa otto ore con una camera oscura di sua invenzione a fissare quello che è il panorama dalla finestra del suo studio. Il risultato è la prima riproduzione di un paesaggio su una superficie fotografica (la tecnica utilizzata, nello specifico, era detta “eliografia”). La prima fotografia è la “Vista dalla finestra à le Gras”.
È l’inizio della prima, grande rivoluzione nel campo dell’immagine: nel 1839 arriva il primo dagherrotipo, la “Natura morta” di Daguerre. Per la prima volta, l’uomo riesce a creare in un tempo accettabile una riproduzione fedele di ciò che lo circonda.
Un’invenzione rivoluzionaria, ma c’è una categoria che ha sentimenti contrastanti: i pittori. Malgrado si tratti ancora di creazioni in bianco e nero, è chiaro a tutti che quella che sta arrivando è una rivoluzione copernicana e che un quadro non potrà mai raggiungere i livelli di verosimiglianza delle fotografie.
E così, le reazioni sono differenti. Per alcuni artisti, questa diventa la possibilità per realizzare ritratti nei propri atelier senza passare per giorni di posa da parte di modelli. Dall’altra, chi considera la fotografia una minaccia per il proprio mestiere.
“Oggi è morta la pittura!” urlava il pittore Paul Delaroche, alla vista del primo dagherrotipo. In una posizione opposta si schierava un articolo della rivista d’arte americana “The Crayon”, nel 1855:
“La fotografia manca di sentimento ed emozioni, il motore della produzione di un uomo fornito di genio”
“Finché l’invenzione e il sentimento saranno i valori centrali dell’opera d’arte, la fotografia non raggiungerà mai una dignità maggiore delle incisioni”.
L’arte non muore, si trasforma
Aveva ragione questo articolo, sebbene la prospettiva fosse sbagliata: è vero che l’arte è fatta di sentimenti, di empatia, di invenzione. Per questo una fotografia di natura morta, un ritratto che non racconta nessun tipo di storia, un’immagine di una strada non sono opere d’arte.
Quello che l’articolo de “The Crayon” non poteva immaginare erano gli enormi progressi che la fotografia avrebbe fatto nei secoli seguenti. Si sarebbe trasformata in un veicolo per raccontare storie e trasmettere emozioni. Ma questo solo perché c’era un uomo dietro l’apparecchio, in grado di inserire un po’ di sé e della propria sensibilità nell’immagine.
Per quanto riguarda la morte della pittura, possiamo dire che Delaroche non aveva ragione.
Il dipingere si sarebbe trasformato in maniera radicale: nel giro di qualche decennio si sarebbe detto addio all’ossessiva ricerca della verosimiglianza a tutti i costi, a favore di un’arte fatta di significati e libera dalle rigide regole del figurativo. Possiamo amarla più o meno, ma questa è la svolta che ha permesso all’arte moderna e contemporanea di sopravvivere e prosperare, portandoci in dote (fra gli altri) movimenti innovativi come impressionismo, espressionismo, puntinismo, futurismo, cubismo, pop art.
Le persone al centro
Partendo dalle affermazioni di “The Crayon”, possiamo vedere come ChatGPT sia ancora lontana anni luce dallo spodestare il design e l’arte più in generale.
È vero, oggi ChatGPT o Midjourney possono creare immagini di una verosimiglianza incredibile. Ogni settimana fa scalpore una nuova immagine generata dall’AI, che ci fa gridare “Sembra vera!”: solo per fare qualche esempio, quest’anno abbiamo avuto la collezione Ikea-Patagonia di Eric Groza; il finto Macron fra i protestatori e il finto Trump in carcere; le innumerevoli manipolazioni dell’incoronazione reale di Carlo III.
Siamo d’accordo che il rischio di propagare fake news sia reale e che un watermark per distinguere un’immagine realizzata con AI generativa sia utile. In compenso, a livello estetico, l’immagine non è stata generata “da” Midjourney e simili, ma “con” Midjourney. Le immagini di Patagonia e Ikea sono di Eric Groza. Questo perché in quel prompt e nella realizzazione di quelle foto c’è l’occhio e la sapienza di una persona che si occupa di design digitale da anni. Se la facciamo agire da sola, scopriamo che l’AI non è così intelligente e non è in grado di creare immagini appetibili per il pubblico. C’è sempre bisogno della valutazione di un occhio esperto e di un carico emozionale nella loro realizzazione.
Design digitale: l’immagine sei tu, non l’AI
Nel design digitale come nella scrittura, la tutela della privacy, la sicurezza dei dati e l’impatto sociale delle tecnologie saranno sempre più importanti. Non esiste un’AI in contrapposizione a noi o indipendente da noi, soprattutto per quei settori artistici che debbono trasmettere emozioni. Perciò, una visione etica dell’intelligenza artificiale è fondamentale.
Il mondo del design digitale dovrà non cedere alla tentazione di dire che “Il design è morto”, in virtù della capacità dell’AI di generare immagini verosimili in poco tempo. Ma piuttosto dovrà creare immagini a forte impatto emotivo, sfruttare quelle che sono le capacità tecniche di bricolage dell’AI per trasmettere significati e sentimenti. E poi fare quello che ha fatto la pittura nel corso dei secoli e il design (digitale e non) nei decenni: reinventarsi, cambiare i propri mezzi espressivi, battere nuove strade e non chiudersi in una comfort zone fatta di linguaggi consolidati.
In quanto Spindox, vogliamo continuare a esplorare le frontiere dell’innovazione. Lo facciamo per immaginare un futuro in cui la creatività umana e l’IA collaborino (e non competano) per dar vita a un mondo di infinite possibilità.