Inclusività e tecnologia: l’unione fa la forza

da | Mar 7, 2021

La tecnologia può essere un alleato per raggiungere una maggiore inclusività. Se progettata adeguatamente ha il potere di includere, valorizzando, ciascun individuo, limitando ogni forma di differenza e offrendo tante opportunità a chi la utilizza.

‘Technology as a means of inclusion’ è il titolo del talk organizzato a fine gennaio da Crafted Software, una community di software engineer e professionisti IT con obiettivo di condividere approcci testati e innovativi nell’industria del software e dell’ingegneria. Ospite del talk, Andrea Saltarello, fondatore di Managed Designs, UGIdotNET e super fan dei Depeche Mode. Noi abbiamo seguito il talk a suo tempo ed è stato il nostro punto di partenza per affrontare una nuova riflessione sul tema dell’inclusività e del suo incontro con l’intelligenza artificiale.

A proposito di UGIdotNET, ti ricordiamo che il 4 marzo 2021, in occasione il Web Day, UGIdotNet ha organizzato una giornata in cui speaker italiani e internazionali si sono alternati in 24 sessioni e 3 track per parlare di «sviluppo web a tutto tondo […]: dai framework di front-end e back-end a DevOpsCloudIntelligenza Artificiale e tutto ciò che serve per sviluppare un sito, o applicazione, web di successo», come recita il testo di presentazione della giornata. Sono stati affrontate anche altre tematiche, tra cui: accessibilità, User Experience Design e normativa legale. Per saperne di più, qui il programma dettagliato.

Prima di parlare di inclusività e accessibilità vogliamo presentare un quadro basato su vite reali e dati che aiutano a supportare e inquadrare la tematica e la sua rilevanza. Non lo facciamo perché vogliamo farvi credere che, quando si affrontano questi argomenti, si faccia riferimento esclusivamente a determinate categorie di persone. Al contrario, inclusività e accessibilità si rivolgono a tutti noi. Ed è proprio per questo che dobbiamo partire dalle persone che hanno più difficoltà. Per garantire anche a loro l’accesso alle nuove tecnologie e l’inclusione negli ambienti digitali. Affinché tutti ne abbiano giovamento.

I numeri della disabilità, dati alla mano

Nel 2005 gli studenti Jonathan Hernandez, Shiv Mahajan e Sarah Victor del Sophomore College, Standford University, realizzano un progetto di ricerca dal titolo Accessible Technology in the 21st Century. L’ambito in cui questo progetto vede la luce è il corso ‘The Intellectual Excitement of Computer Science‘ del Professore Eric Roberts, esperto nell’insegnamento e delle implicazioni sociali dell’Informatica. Nel progetto si stimava che nel mondo ci fossero dalle 750 milioni al miliardo di persone con un qualsiasi tipo di disabilità, che fosse visiva, verbale, motoria, uditiva o cognitiva.

Anche facendo una stima ottimistica del numero di persone che in quegli anni avevano accesso all’utilizzo del computer, emergeva come milioni di potenziali utenti ne fossero ostacolati all’uso dalle loro disabilità.
Secondo il progetto di ricerca, solo negli Stati Uniti due milioni di persone avevano problemi di comunicazione tali da dover utilizzare la tecnologia assistiva per interagire con il mondo esterno.

Quattordici anni dopo, le stime del 2019 della World Health Organization (WHO) ci parlano di cifre ben diverse: ci sono due miliardi di persone con disabilità nel mondo; il 37,5% della popolazione mondiale. Tra queste il 20% vive con grandi difficoltà funzionali nella vita quotidiana. Le persone che soffrono di cecità o deficit visivo sono il 17% della popolazione; coloro che soffrono di sordità il 6%, mentre il 2,6% soffre di disabilità cognitiva. Infine, le persone che ricorrono all’utilizzo della sedia a rotelle rappresentano l’1%.

Secondo le previsioni della società di ricerche di mercato Coherent Market Insights, il mercato globale delle tecnologie assistive raggiungerà i 26 miliardi di dollari entro il 2024, quasi raddoppiando dai 14 miliardi di dollari del 2015. Zion Market Research è ancora più ottimista sull’andamento del settore, stimando 31 miliardi di dollari nel 2024 e un tasso di crescita annuo del 7,4%.

Diverse forme di inclusione

Oggi, con l’avanzare e l’evolversi della tecnologia, i computer e Internet sono sempre più accessibili a persone con disabilità di diversa natura.

Per gli utenti con problemi visivi, i programmi offrono una descrizione audio e la lettura dello schermo. Le impostazioni del monitor possono essere settate per facilitare la lettura visiva. Inoltre è possibile aggiungere goffratori Braille come dispositivi di output alternativi. Per le persone con difficoltà di udito, invece, i sottotitoli e le notifiche visive del suono possono offrire maggiore libertà nell’uso del computer. Da anni esistono tastiere e mouse adattivi per consentire alle persone con disabilità motorie di ricevere input da un computer. E ancora, il riconoscimento vocale è un software – più innovativo rispetto ai precedenti – che consente il controllo di un computer tramite la voce. Inoltre, per le persone con disabilità cognitive, è possibile configurare programmi per leggere il testo ad alta voce durante l’utilizzo di un programma.

Un mondo digitale, accessibile a tutti

Poiché la maggior parte della nostra vita ormai è legata al mondo digitale, è importante che quel mondo sia accessibile a tutti. Come abbiamo riportato poc’anzi, la tecnologia con gli anni ha fatto enormi passi in avanti per consentire alle persone disabili l’accesso a strumenti e dispositivi: dalle funzioni di sintesi vocale migliorate, ad applicazioni che mettono in contatto un individuo con un assistente virtuale.

C’è però ancora molto lavoro da fare, come dicono gli esperti, specialmente quando si tratta della pura e semplice navigazione su Internet. La notizia positiva è che siamo sulla strada giusta. Ed è molto importante che si continui a lavorare in questa direzione, tutti insieme.

L’inclusività negli anni ’70

In quest’ottica, torniamo all’ospite del talk di Crafted Software di cui vi parlavamo all’inizio dell’articolo, Andrea Saltarello. Vi ricordate?

Un tuffo nel passato e siamo negli anni ’70. Il papà di Andrea ha trent’anni e perde l’udito a causa di due otiti fulminanti che comportano la rimozione chirurgica di incudine, martello e staffa da entrambe le orecchie. Oltre a non poter percepire alcun tipo di suono, come ulteriore aggravamento della sua situazione, il papà di Andrea riporta problemi di equilibrio. In quegli anni la società è molto diversa e lo sviluppo tecnologico lontano da tutto quello a cui siamo abituati oggi (e di cui parlavamo qualche riga fa).

Il classico apparecchio acustico da mettere all’orecchio non è adatto al papà di Andrea perché funziona da amplificatore di suoni, ma lui è completamente sordo. Per questo fa ricorso a un particolare tipo di occhiali a conduzione ossea, in cui la parte finale dell’asta, a contatto con l’orecchio, percependo i suoni, vibra. Vibrando, permette al cervello di ricevere gli impulsi che riproducono il suono, dandogli così la possibilità di ascoltare.

Tutto è iniziato con gli occhiali magici

Ora provate a guardare tutto quello che vi abbiamo appena raccontato, con gli occhi di un bambino. Voi cosa vedete? Sì, esatto: ‘gli occhiali magici di papà’.

Fin da piccolo, quindi, Andrea assiste in prima persona al ruolo fondamentale di una tecnologia progettata per l’inclusività, nonostante i limiti che essa potesse avere all’epoca. Infatti per quanto questi occhiali per Andrea apparissero come magici, in realtà il risultato non era sempre dei migliori. Come è facile immaginare. Se il suono aveva un volume troppo basso, non poteva essere percepito dalla tecnologia. Quando invece era troppo alto, la vibrazione non si traduceva in suono ma in un rumore indistinguibile.

Nonostante l’evidente beneficio, questi occhiali tecnologici avevano quindi una serie di limitazioni nella vita quotidiana. Guardare un film al cinema o godere del piacere della musica dal vivo durante un concerto, erano solo alcuni dei passatempi che non potevano essere presi in considerazione dal papà di Andrea a causa del volume troppo alto, in entrambi i casi. In sostanza, si potevano percepire solo alcuni tipi di suono.

Dalla passione, agli Accessibility Days

Un altro tuffo e arriviamo negli anni 2000. Andrea non è più un bambino ma l’esperienza diretta di suo papà con gli ‘occhiali magici’ hanno influenzato in maniera determinante la sua vita, finanche quella professionale. Al primo bivio infatti, Andrea decide di intraprendere il percorso che lo avrebbe condotto allo studio della tecnologia a supporto dell’inclusività.

Sempre guidato dalla sua passione, mentre Andrea è speaker all’evento Microsoft Future Decoded, decide di collaborare a un progetto con un amico, leader di DevMarche, una community di sviluppatori delle Marche.

Grazie a questa collaborazione nascono gli Accesibility Days, un evento sull’accessibilità e sulle disabilità, rivolto a sviluppatori, designer, maker, creatori ed editori di contenuti, e, in generale, a tutte le persone che si occupano di tecnologie digitali. Gli Accessibility Days si tengono tuttora in occasione del Global Accessibility Awareness Day (GAAD), un’iniziativa promossa ogni anno a livello mondiale, durante il mese di maggio. L’obiettivo è quello di sensibilizzare più persone possibili sui temi dell’accessibilità e dell’inclusività, attraverso il confronto con chi ha delle disabilità, di qualsiasi natura.

L’intelligenza artificiale di Seeing AI, l’applicazione per non vedenti

In questo percorso, in cui si intrecciano coincidenze e tecnologia, Andrea scopre un keynote di Microsoft Build relativo a una app per non vedenti: Seeing AI.

Seeing AI è un’applicazione creata da Saqib Shaikh, un software engineer di Microsoft che all’età di 7 anni perse la vista. Saqib sin da piccolo sogna di creare qualcosa che possa descrivere, comunicandolo a voce, quello che succede intorno a lui. Insieme al suo team, Saqib riesce a trasformare il suo desiderio in realtà: crea un’app che legge per le persone non vedenti cosa c’è nell’ambiente circostante e ne delinea le caratteristiche.

L’app, disponibile solo per iOS, funziona su iPhone e Smart Glasses ed è disponibile in sette lingue – italiano, inglese, giapponese, spagnolo, tedesco, francese e turco –. Seeing AI è in grado di descrivere l’età delle persone, il genere, le emozioni, oltre a leggere i testi. Tutto questo grazie a fotografie scattate con una fotocamera.

La realizzazione di questa applicazione è stata possibile grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale che permette di sviluppare dispositivi a una velocità sempre maggiore.

Da Seeing AI a Rossy, un hackaton in un week-end

Gli sviluppatori hanno una grande opportunità e, allo stesso tempo, una grande responsabilità quando riescono a concretizzare i propri sogni nello sviluppo di applicazioni. Guidato dagli Afterhours e dalla loro «adesso fa quello che serva» (da Il paese è reale), Andrea Saltarello decide di fare un esperimento e di creare un’applicazione il più simile possibile a Seeing AI.

Lavorando un intero week-end, Andrea riesce a produrre Rossy, un’applicazione con licenza gratuita disponibile in italiano e in inglese. Rossy viene sviluppata con .NET Core, UWP SDK e Azure Cognitive Services; la sfida per Andrea risiede proprio nelle poche conoscenze iniziali di questi ultimi due strumenti.

Il risultato è un’applicazione dotata di quattro funzioni: take, permette di scattare una foto; pick, consente di prendere una foto dalla libreria; listen di porre una domanda relativa alla foto e infine analyse, ossia la risposta di Rossy a una domanda che le viene posta.

Per quanto riguarda le modalità di programmazione dell’applicazione, prima di tutto viene fornita l’immagine e pronunciata la domanda, ‘utterance‘. Poi Rossy individua la lingua utilizzata dall’utente attraverso il textAnalytics. Una volta compresa la lingua, Rossy fa ricorso al servizio cognitivo per comprendere l’intento della domanda, ovvero che cosa stia chiedendo l’utente. Dopo aver compreso cosa le è stato chiesto, l’applicazione produce una risposta nella lingua utilizzata per la domanda. Inizialmente le risposte erano scritte ma, grazie a un upgrade, ora Rossy è in grado di comunicarle vocalmente.

I limiti di Rossy

Nonostante il grande risultato per un solo week-end di lavoro e per le poche conoscenze relative ai software di sviluppo, Rossy non è un’applicazione completa. Innanzitutto gli intenti sono troppo pochi e, a supporto delle risposte, si potrebbe utilizzare la sentiment analysis, entrando così in empatia con l’individuo che pone la domanda. Infine sarebbe necessario un training migliore per il riconoscimento delle immagini. Infatti non tutte le immagini sono percepite nella maniera corretta e, quando invece ciò accade, il risultato potrebbe essere utilizzato in modo migliore.

In ogni caso, tutte le risorse dei software sono state utilizzate usufruendo di un piano gratuito. Quindi l’accesso libero può essere di stimolo e aiuto a chiunque voglia intraprendere un’impresa simile.

La regolamentazione dell’inclusività

La Legge cosiddetta Stanca riconosce e tutela il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione da parte dei disabili, garantendo il rispetto del principio fondamentale di pari opportunità e l’accesso dei cittadini disabili ai servizi della pubblica amministrazione.

Con l’aggiornamento della Legge, anche gli enti privati, il cui fatturato medio negli ultimi tre anni sia almeno mezzo miliardo di euro, devono adeguarsi.

Questa Legge obbliga le aziende a offrire servizi online e applicazioni mobile accessibili; per fare un esempio, una banca deve avere una home banking accessibile. La legge rende così l’ente stesso responsabile del rispetto di determinati standard, prevedendo sanzioni in caso di mancato rispetto degli stessi.

Commissionando il progetto esternamente, se quanto realizzato non è a norma, il contratto è dichiarato nullo. L’azienda quindi può non risarcire l’ente responsabile del progetto. Quest’ultimo non dovrà pagare la multa ma, pur di non rendere il contratto nullo, realizzerà il progetto in base alla normativa.

Con il tempo è auspicabile che questa Legge venga estesa a un numero sempre maggiore di aziende, aumentando così il numero di realtà inclusive.

Un progetto per un mondo più inclusivo

Noi abbiamo seguito gli Accessibility Days del 2018 organizzati nella splendida Bologna, presso l’Istituto Francesco Cavazza. Qui il nostro contributo in cui ci soffermiamo sull’evoluzione del concetto di disabilità e spieghiamo come dall’inclusività e dalla accessibilità possano trarne beneficio tutti.

E, rimanendo in tema di inclusività, nel 2017 siamo andati a Roma per seguire la giornata mondiale dell’usabilità. Durante la quarta edizione del WUD Rome, negli spazi del Leonardo Digital Campus di Parco Leonardo, si è parlato di ‘inclusion throught user experience’. Trovate qui il nostro articolo (se invece volete saperne di più sull’ultima edizione del World Usability Day Rome, quella del 2020 incentrata su Human-Centered AI, ecco il sito dell’iniziativa).

Recentemente, inoltre, abbiamo pubblicato un nuovo contributo dedicato all’accessibilità nei videogiochi partendo da un meetup organizzato da Codemotion, e, ancora una volta dalla community degli Accessibility Days. Grazie all’esperienza di Ivan Venturi, abbiamo capito come e perché sviluppare audio game.

Anche quest’anno non potranno mancare gli Accessibility Days. Si terranno, come di consueto nel mese di maggio, il 21 e il 22. La differenza rispetto alle edizioni di cui vi abbiamo parlato, è che saranno online a causa della pandemia da Covid-19. Qui trovate il link per iscrivervi alla conferenza del 2021, gratuitamente. Se invece volete proporre i contenuti per questa edizione, vi ricordiamo che la Call for Sessions chiuderà il 19 marzo!

Barriere e problematiche

Se i nuovi prodotti aprono continuamente il mondo dell’informatica alle persone con disabilità, tuttavia c’è ancora molta strada da fare prima che la tecnologia sia completamente accessibile a tutti. Esistono ancora notevoli barriere finanziarie, culturali, cognitive e fisiche che impediscono a persone con disabilità di avere accesso alla ricchezza di informazioni disponibili attraverso i computer. Nel progetto Accessible Technology in the 21st Century già citato, si riportavano i dati di uno studio in America condotto su persone di età superiore ai 15 anni. Da questo emergeva come il 51% delle persone senza problemi alla vista utilizzasse regolarmente un computer. Solo il 13% di coloro che avevano qualche tipo di limitazione della vista rientrava nella stessa categoria. Inoltre, mentre il 57% delle persone vedenti aveva accesso a Internet, solo il 21% delle persone ipovedenti poteva godere dello stesso beneficio.

L’obiettivo finale per l’accessibilità e l’inclusività è garantire che tutti, indipendentemente dalle capacità o dalla disabilità, abbiano le stesse possibilità di partecipare alla società. Di fronte al costante cambiamento tecnologico, questo tipo di accessibilità diventa tanto più difficile, quanto estremamente necessaria. L’unico modo per consentire alle persone con disabilità di impegnarsi in ciò a cui sono interessati, è offrire loro le stesse opportunità offerte alle persone che non ne hanno. Tra queste, sono indispensabili le possibilità e i vantaggi della tecnologia del ventunesimo secolo.

Occorre precisare che nello sviluppo di applicazioni e siti web, rispettare gli standard di riferimento del W3C (World Web Consortium) è fondamentale: «ignorarli è un grandissimo problema, per tutte le applicazioni digitali» ha sottolineato Fabrizio Caccavello, Accessibility, User Experience & User Interface Expert, durante il Web Day 2021 organizzato da UGIdotNET di cui parlavamo in apertura.

L’inclusività e il futuro

Molti prevedono che il futuro della tecnologia sarà sempre più nel quadro dell’intelligenza ambientale (ambient intelligence, Aml). Ciò richiederà varie modalità di input e output per poter essere accessibile a tutti, senza escludere gli utenti con disabilità. Secondo il Cordis dell’Unione Europea «il concetto prefigura un mondo senza cavi e senza soluzione di continuità in cui dispositivi e comunicazioni sono interoperabili e compatibili per offrire al consumatore i vantaggi della tecnologia, ma senza la relativa complessità.»

Si spera che questo nuovo quadro, a tratti fantascientifico, porti a una maggiore accessibilità e inclusività. E che non influisca, invece, negativamente escludendo le persone con disabilità dal mondo della tecnologia.

Beatrice Mingazzini
Beatrice Mingazzini
Laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione, è specializzata in design e moda. Appassionata del viaggio on the road, sempre alla scoperta di qualcosa di nuovo, nel tempo libero le piace sperimentare tecniche di pittura.

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