Libra: non è criptovaluta tutto ciò che luccica

da | Giu 20, 2019

Della Libra di Facebook sappiamo ancora poco. I nostri dubbi, dopo la lettura dei documenti pubblicati il 18 giugno scorso.

Il white paper sulla Libra, la nuova moneta elettronica di Facebook, è disponibile online dal 18 giugno. Ma la verità è che del progetto – da noi annunciato in un altro post – non si sa ancora abbastanza. Il documento, di appena 12 pagine, lascia senza riscontro diverse questioni che sono decisive per comprendere natura e obiettivi dell’iniziativa di Mark Zuckerberg. Più approfondito è un secondo documento, di 29 pagine, che affronta aspetti di carattere tecnico (The Libra Blockchain).

In attesa di maggiori informazioni, proviamo dunque a rispondere ad alcune domande fondamentali. Ne abbiamo identificare cinque, che proponiamo qui di seguito.

Ricordiamo che una transazione monetaria elettronica è un’iscrizione contabile presso un istituto di pagamento, il quale opera come gestore centrale del registro delle corresponsioni. Il libro mastro, in cui sono segnati tutti i dare e avere, è amministrato da un soggetto titolato a fare ciò. Viceversa, le criptovalute consentono una gestione decentrata degli scambi. Permettono cioè di effettuare pagamenti fra soggetti che non si conoscono e restano anonimi, un po’ come avviene quando si usa il denaro contante.

#1: La Libra è una criptovaluta?

La risposta breve è: fino a un certo punto. Vediamo perché.

La Libra non avrà tutte le caratteristiche di una criptovaluta. A differenza di Bitcoin, infatti, la nuova moneta di Facebook sarà gestita in maniera almeno parzialmente centralizzata. Il ruolo di authority monetaria sarà svolto dalla Libra Association, una not-for-profit con sede a Ginevra. Ciascuno dei membri fondatori dell’associazione avrà il compito di gestire uno dei nodi di validazione della Libra Blockchain. L’obiettivo dichiarato è di far crescere il network, aggiungendo nuovi nodi di validazione. Questi, però, saranno sempre coordinati dall’associazione. Maggiori dettagli sul modello si evincono a pag. 2 del technical paper già citato, ove si legge (traduciamo dall’originale inglese):

«La Libra Blockchain sarà decentralizzata, in quanto basata su un insieme di validatori che lavorano insieme per elaborare le transazioni e mantenere lo stato della blockchain stessa. Tali validatori faranno parte della Libra Association, la quale fornirà un quadro di riferimento per la governance del network e della riserva a sostegno della moneta. In una prima fase, l’associazione sarà costituita da un insieme geograficamente distribuito e diversificato di membri fondatori. Tali membri sono organizzazioni scelte in base a criteri di partecipazione oggettivi, compresa la loro partecipazione al lancio dell’ecosistema e agli investimenti necessari per sostenerlo.»

Appare chiaro, mio parere, che non siamo di fronte a una vera decentralizzazione. I membri fondatori della Libra Association si riservano una serie di prerogative che li rendono, di fatto, i padroni della Libra Blockchain, in grado di determinarne obiettivi, governance e futura evoluzione. E saranno sempre i soci fondatori a garantire la stabilità della Libra, come spiegato più avanti.

In questo senso non si comprende neppure la scelta tecnologica a favore della blockchain. Se la riserva è centralizzata, può esserlo anche il libro mastro.

#2: In che modo sarà garantita la stabilità della Libra?

A differenza di Bitcon, che ci ha abituato a vertiginose fluttuazioni, la Libra sarà una moneta relativamente stabile. Tale stabilità sarà possibile perché la Libra Association custodirà un paniere di valute ufficiali (dollari, euro, franchi svizzeri, yen) poste a garanzia del valore della nuova moneta. Tale valore dipenderà dalla copertura gestita dall’associazione, in modo non molto diverso da quello che avviene con le banche centrali.

Anche in questo caso, dunque, siamo di fronte a un modello di gestione centralizzato. Fra l’altro gli estensori del white paper sembrano non porsi il problema della magnitudo del fenomeno che si troverebbero ad amministrare. Ogni unità di Libra sul lato delle passività dovrà essere garantita con un’unità del paniere di valute di riferimento. Garantire significa, in sostanza, permettere al cliente che ha acquistato in Libra di riconvertire il suo portafoglio nel paniere di valute in qualunque momento.

Ciò sarà possibile solo in due modi: o la Libra Association deterrà il 100% di riserve, agendo in regime di narrow banking, oppure dovrà stipulare un’assicurazione sui depositi. In entrambi i casi non è affatto chiaro quale regolatore definirà la cosa, visto che Facebook intende operare con la sua pseudo-criptovaluta a livello globale. Senza contare che il narrow banking rappresenta qualcosa di assai controverso, come spiega John Cochrane in un recente post (Fed vs. Narrow Banks).

#3. Dunque avremo a che fare con un currency board?

La Libra Association dichiara in modo esplicito di voler operare come un currency board, ovvero un’autorità monetaria che emette uno strumento di pagamento convertibile in una determinata valuta o in un insieme di valute, a loro volta emesse da banche centrali, garantendo una convertibilità illimitata. Tuttavia, un currency board dovrebbe anche impegnarsi a mantenere stabile il valore dello strumento emesso. Su questo punto il white paper appare assai vago. Si dice fra l’altro che il paniere potrà essere alterato in circostanze eccezionali: «Such a change would require exceptional circumstances and a supermajority vote by the association’s council». Però non si spiega quali potrebbero essere queste circostanze eccezionali.

A ciò si aggiunge la possibilità, per un soggetto di tale portata, di influenzare pericolosamente l’andamento dei mercati valutari. Le operazioni della Libra Association potrebbero essere forse sottoposte al controllo del Fondo Monetario Internazionale o della Banca per i Regolamenti Internazionali. Ma chi avrà la forza di imporre tale soluzione, ammesso che sia la più appropriata?

#4: Che cosa ci guadagneranno Facebook & C.?

Anche se la Libra Association si presenta come una not-for-profit, i sui membri saranno remunerati. I soci fondatori ci guadagneranno in tre modi.

In primo luogo, godranno di una rendita da signoraggio, pari alla differenza tra gli interessi sulle attività di riserva e le spese di monetaggio. Si pone naturalmente il problema del regime fiscale cui sarà sottoposta tale rendita di signoraggio. I currency board, intesi in senso tradizionale, la girano direttamente allo stato in cui sono basati. A quale giurisdizione sarà assoggettata Libra Association? E soprattutto, chi sarà in grado di imporle uno specifico regime, considerando la disinvoltura con cui già oggi Facebook pratica l’arbitraggio fiscale regolativo?

Secondariamente la Libra Association potrà esigere una commissione per ciascuna transazione gestita, anche se nel documento di presentazione del progetto non se ne parla esplicitamente. Si può immaginare che la Libra potrà essere utilizzata a costi bassi e prevedibili, a differenza di altri sistemi di pagamento elettronico oggi in uso.

La terza fonte di ricavi è senz’altro quella più importante dal punto di vista di Facebook. Si tratta del business, potenzialmente enorme, che si fonda sulla disponibilità di una nuova tipologia di dati: quelli relativi alle nostre abitudini di consumo e di spesa.

#4: Come sarà garantita la privacy degli utenti?

Questo è forse il punto meno chiaro di tutto il programma. Il ricorso alla tecnologia blockchain non garantisce, di per sé, contro il rischio di ingerenze legate all’utilizzo dei dati degli utenti. Il modello di business attuale di Facebook è basato sul concetto di advertising platform. Attraverso il lancio della nuova valuta virtuale, sarà possibile incrociare nuove informazioni e dare più valore ai dati. In altri termini, si rafforzerà l’ecosistema che vede Facebook come titolare di una vera e propria forma di sovranità, con gli utenti nella posizione di sudditi. E si sa che ogni sovranità si regge su una macchina della sorveglianza. Con buona pace della privacy.

Un paio di approfondimenti:

Tommaso Monacelli, Se Zuckerberg vuole diventare il banchiere centrale del mondo, in lavoce.info, 20 giugno 2019.

Jameson Lopp, How Will Facebook’s Libra “Blockchain” really work?, in OneZero, 13 giugno 2019.

Andrea Fumagalli, Stefano Lucarelli, Elena Musolino, Giulia Rocchi, Il digital labour all’interno dell’economia delle piattaforme: il caso Facebook, in Effimera (traduzione dall’originale inglese Digital Labour in the Platform Economy: The Case of Facebook, apparso in Sustainability, 2018, 10 (6), 1757.

Paolo Costa
Paolo Costa
Socio fondatore e Direttore Marketing di Spindox. Insegno Comunicazione Digitale e Multimediale all’Università di Pavia. Da 15 anni mi occupo di cultura digitale e tecnologia. Ho fondato l’associazione culturale Twitteratura, che promuove l’uso di Twitter come strumento di lettura attraverso la riscrittura.

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