È ecologico e smart il bicchiere riutilizzabile di PCUP, startup tutta italiana. Basta appoggiarlo allo smartphone per ordinare e pagare i drink.
Come funziona?
Un bicchiere di silicone riutilizzabile, con un’antenna NFC che lo rende smart e lo fa dialogare con un’applicazione mobile. Questa è, in sostanza, l’idea di PCUP., raccontata anche nella video intervista. Un’idea pensata per andare oltre le tradizionali alternative al bicchiere di plastica usa-e-getta. Dietro la quale c’è una startup tutta italiana.
PCUP è una realtà giovane nata nel 2018 grazie all’inventiva dei due fondatori: Lorenzo Pisoni e Stefano Fraioli. Jukka Lora, Responsabile Marketing di PCUP, ci ha raccontato il percorso che ha portato la startup a diventare quello che è oggi.
PCUP è la risposta dei giovani imprenditori al problema dei bicchieri di plastica monouso, ma è anche molto di più. Grazie ad un bicchiere di silicone riutilizzabile e facilmente trasportabile PCUP limita gli sprechi. Ma è attraverso l’interazione con un chip NFC posizionato sul fondo del bicchiere che emerge l’aspetto più rivoluzionario: un’applicazione sviluppata appositamente per essere usata in parallelo al bicchiere.
L’interazione fra app e chip offre varie possibilità sia agli utenti che alle attività commerciali: accesso ad analytics profilati in base ai dati di vendita, smart payments che permettono di saltare le code, un contatore che quantifica il risparmio ecologico rispetto ai tradizionali bicchieri di plastica, contenuti digitali quali foto e video degli eventi in cui viene utilizzato il bicchiere, e molto altro.
Il sistema risulta talmente versatile da poter essere innovato di continuo: per esempio, proprio in questo periodo, il team di PCUP ha risposto alla crisi causata dall’emergenza sanitaria con un nuovo progetto ambizioso. Dal momento che tutti i locali sono chiusi a causa delle restrizioni imposte per contrastare il Covid-19, l’applicazione è stata modificata per permettere a gestori e proprietari di bar di effettuare prevendite di drink che verranno serviti una volta che la situazione sarà tornata alla normalità. In questo modo i clienti interessati possono supportare le attività al momento chiuse e tornare a festeggiare quando queste riapriranno.
Ma come nasce PCUP?
Sul loro sito i fondatori di PCUP offrono una spiegazione molto esaustiva: «Cercavamo un modo per mettere in relazione in tempo reale le persone che condividono un’esperienza culturale, artistica, sociale. Pensavamo che il modo più efficiente e meno invasivo per farlo fosse far accedere le persone ad un cloud attraverso l’interazione con un oggetto di uso comune. Ci siamo accorti che dovunque un po’ di persone si riuniscono per fare qualcosa di bello, c’è di mezzo un bicchiere».
Jukka ci offre un po’ di retroscena: «La prima idea embrionale è venuta a Lorenzo durante un festival nel deserto in Israele, nel quale non era possibile utilizzare bicchieri di plastica biodegradabile. Ad ogni partecipante era stato chiesto di portare con sé un bicchiere riutilizzabile per cinque giorni e tenerlo sempre con sé. Da qui l’idea: perché non rendere questi bicchieri un po’ più facili da trasportare? E, essendo il bicchiere condiviso, perché non renderlo un oggetto capace di creare una comunità digitale? Raggiungiamo questo obbiettivo anche digitalizzando il bicchiere.»
La scelta del materiale
«Dopo aver vagliato varie ipotesi siamo finiti a scegliere il silicone platinico alimentare. Ha delle caratteristiche fisiche incredibili: non si riga, non si sbecca, non si spacca, è flessibile, morbido, resiste a temperature da -40° a +200°, a detersivi, agenti chimici. È possibile lavarlo tranquillamente in lavastoviglie, lavabicchieri, addirittura in lavatrice perché girando non si danneggia. Queste sue grandissime caratteristiche fisiche lo rendono capace di resistere fino a 2000 lavaggi in modo da poter essere utilizzato anni e anni, addirittura decenni.»
Dai fornitori cinesi al made in Italy
Una volta scelto il materiale, il passo successivo è consistito nella creazione dei prototipi. Con l’aiuto di alcuni fornitori cinesi i ragazzi di PCUP sono riusciti a produrre i primi bicchieri con cui fare alcuni pilot. Nell’estate del 2018 compirono un tour dimostrativo: dieci eventi in giro per l’Italia, nei quali la versione beta dell’applicazione fu messa alla prova e sottoposta al giudizio degli utenti. L’esito fu entusiasmante. Se i bicchieri di plastica risparmiati in quell’estate, grazie a PCUP, fossero stati impilati uno sopra l’altro, avrebbero due volte l’altezza della Statua della Libertà!
Molto presto però furono evidenti le falle importanti della fabbricazione cinese. PCUP decise così di spostare la produzione in Italia. Oggi i bicchieri sono completamente made in Italy, a Genova: «In Italia ci sono professionisti molto capaci che ci hanno garantito una qualità incomparabile rispetto ai prodotti cinesi».
La ricerca di fondi e la scelta del crowdfunding
Purtroppo, com’è noto, l’ambiente delle startup non risponde a tutti i requisiti di un ecosistema maturo, come quelli degli Stati Uniti o di altri paesi. Non sempre, in particolare, il sistema di finanziamenti offre possibilità adeguate ad una startup ai suoi inizi.
Dal lato pubblico i tempi necessari per accedere ai finanziamenti sono incompatibili con quelli rapidi richiesti da una realtà dinamica e in costante cambiamento come quella delle startup. Quanto ai privati, manca quasi completamente quel tessuto di angel investors che ha supportato varie imprese oltreoceano ma anche in Europa, mentre le banche richiedono garanzie molto forti che una startup spesso non può offrire.
Così, i primi fondi di PCUP sono stati raccolti attraverso persone che credevano nell’idea, amici e parenti. Dopo i primi riscontri positivi la decisione è stata quella di affidarsi al crowdfunding, ponendosi un target di 150.000 euro. Obiettivo raggiunto e superato: i ragazzi di PCUP hanno raccolto 450.000 euro, il triplo di quanto avevano chiesto inizialmente.
Se, per raccogliere fondi, i giovani si fossero affidati solo ad un’idea, com’è spesso sufficiente all’estero, non è possibile immaginare quali risultati avrebbero ottenuto. Ma, grazie alla rapida prototipizzazione e ad una visione molto nitida, i ragazzi di PCUP hanno convinto molti piccoli investitori italiani a credere nel loro prodotto.
I consigli per le altre startup
«Sono molti gli elementi favorevoli a lanciarsi in imprese simili in una giovane età. Ciò che però manca inevitabilmente è l’esperienza. Doversi scontare con la realtà che molto spesso ti rema contro, imparare dagli errori che si fanno, senza però scoraggiarsi, e abbandonare il progetto. Mettere a frutto quello che si impara volta dopo volta. Bisogna stare attenti a chi è in grado di aiutarti davvero e chi invece si propone ma che poi è addirittura controproducente.
Questo è successo col nostro primo fornitore che non ci dava le attenzioni e i consigli di cui una startup ha bisogno. Da questo punto di vista siamo rimasti scottati. Non lasciatevi abbindolare da quelli che hanno grandi nomi ma valutate con attenzione cosa può offrire un partner o un fornitore e valutate sempre diverse possibilità.»
Quali piani per il futuro?
«Mentre stiamo registrando questa intervista i miei soci sono in volo sopra l’atlantico verso New York per incontrare investitori e distributori. Il nostro prossimo step è riuscire a commercializzare su larga scala il nostro prodotto. Abbiamo anche piani per lavorare sulla personalizzazione dei bicchieri e per l’ampliamento della piattaforma digitale.
Infine vogliamo ampliare il team: al momento siamo tre a tempo pieno e abbiamo bisogno di più persone per riuscire a soddisfare la richiesta di mercato per i nostri prodotti».