Dal tavolo di lavoro su metaverso e mondi virtuali la visione dell’Associazione Blockchain Italia. Un tassello importante del Web3, che dovrà fondarsi sulla qualità dell’esperienza online e sul riconoscimento di una serie di diritti degli utenti. Ne abbiamo parlato ieri all’evento organizzato insieme a La Scala Società tra Avvocati e Deotto Lovecchio & Partners.
Perché Associazione Blockchain Italia si occupa di Metaverso
Associazione Blockchain Italia è nata, nel 2018, con l’obiettivo di studiare le implicazioni economiche, sociali e legali delle Distributed Ledger Technologies (DLTs) e di incoraggiarne l’applicazione all’interno di un quadro normativo e regolatorio favorevole. Perché uno sforzo di questo tipo ha senso? Perché siamo convinti che ci sia in gioco qualcosa di importante. Le DLTs hanno un potenziale enorme, in gran parte ancora inespresso. Pensiamo che le DLTs possano cambiare il modo in cui nel mondo accordiamo fiducia e ci scambiamo valore.
L’Associazione ha promosso un pomeriggio di riflessione e approfondimento sul Metaverso, insieme a La Scala Società tra Avvocati e Deotto Lovecchio & Partners. L’incontro si è svolto ieri, presso l’Auditorium Calamandrei di Milano, moderato dal Sole 24 Ore e con la partecipazione di numerosi ospiti. L’iniziativa nasce dalla consapevolezza che le DLTs costituiscono il tassello di un mosaico molto più ampio. Non ci sembra di peccare di utopismo, se affermiamo che la scommessa riguarda il passaggio dalle malinconie del Web 2.0 a una fase nuova. Taluno la definisce la fase del Web 3.0, mentre altri parlano di Web3. E magari ognuno ha in mente qualcosa di un po’ diverso.
I cardini di questo passaggio a un nuovo Web – il quale, dobbiamo dircelo, potrebbe anche non compiersi – sono due:
- la qualità dell’esperienza online
- l’esercizio pieno di una serie di diritti, come utenti ma prima ancora come cittadini
Le disfunzionalità del Web 2.0 riguardano ciascuno di questi due punti. Da un lato, infatti, abbiamo sempre più chiari i limiti operativi, cognitivi ed emotivi delle principali esperienze online che tutti noi abbiamo occasione di fare oggi. Basti pensare alla fatica di trascorrere buona parte delle nostre giornate lavorative su piattaforme come Teams o Zoom. Dall’altro lato abbiamo capito che, su queste come su altre piattaforme, esercitiamo una sovranità limitata, in quanto il loro modello di business si basa sul controllo – diciamo meglio: sulla misurazione – dei nostri comportamenti come individui.
Ad alcuni di noi appare chiaro che il giocattolo celebrato dalle retoriche del Web 2.0 comincia a scricchiolare. A livello di macro-scenario, poi, anche un tendenziale processo di deglobalizzazione contribuisce a rendere più debole il modello dei cosiddetti hyperscaler. Il quale è globale, o non è.
Ebbene, l’integrazione fra DLTs e Metaverso ci permette di formulare alcune ipotesi su un mondo migliore, in perfetta coerenza con gli obiettivi statutari di Associazione Blockchain Italia.
Qual è la nostra visione
Intanto mondo è una parola chiave del nostro ragionamento. Non a caso in esergo al Manifesto abbiamo collocato la chiusa di un altro – ben più celebre – Manifesto: quello scritto da Karl Marx e Friedrich Engels nel 1848. In esso, com’è noto, si recita: «I proletari non hanno da perdere che le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare.»
Ma che cos’è, questo mondo? È lo spazio della vita sociale, ossia quello che definisce e ordina la collocazione degli individui nei rapporti con gli altri. Non è necessariamente uno spazio fisico. Può anche essere virtuale. Può essere un cyberspazio, estensione di quello spazio antropologico del sapere che da sempre caratterizza l’ominazione.
Per essere un luogo di accoglienza, incontro e relazionalità deve soddisfare alcune caratteristiche. Caratteristiche che non troviamo sempre nelle piattaforme del Web 2.0. La promessa del Metaverso è quella di un Web più ricco sul piano emotivo e cognitivo.
Come giustamente evidenzia un report di qualche mese fa del World Economic Forum e confermano le ricerche presentate ieri all’Auditorium Calamandrei dall’Osservatorio Extended Reality & Metaverse e dal Metaverse Marketing Lab del Politecnico di Milano, definire il Metaverso non è facile, ma per lo meno si tende a concordare sul fatto che in esso debbano manifestarsi i seguenti tre elementi costitutivi:
- interazioni sociali di vario tipo
- scambi e distribuzione di valore a livello multilaterale
- un certo grado di immersività
Noi abbiamo fatto nostri questi tre requisiti e li abbiamo collocati al centro del nostro Manifesto, prossimamente online. Più nello specifico, pensiamo che il Metaverso – scritto con l’iniziale maiuscola, in quanto nome proprio – sia per il momento una bella ipotesi, condivisa da alcuni ma non da tutti. Tale ipotesi si concretizzerà se e quando si realizzeranno l’interconnessione e la piena interoperabilità fra tutti i mondi virtuali. Quindi prima di arrivare al Metaverso, semmai ci si arriverà, i tre requisiti di cui sopra dovrebbero essere soddisfatti a livello dei singoli mondi virtuali.
Interazioni sociali
In particolare, per quanto riguarda il primo punto – la dimensione sociale – pensiamo che sia indispensabile distinguere fra due concetti che talvolta vengono confusi: da un lato il concetto di realtà virtuale, intesa come tecnologia, dall’altro quello di mondo virtuale, inteso appunto come spazio della vita sociale e quindi luogo di un’esperienza di interazione, scambio e condivisione.
Scambi e distribuzione di valore
Il secondo punto concerne la possibilità di gestire scambi e distribuzione di valore senza bisogno di autorizzazione o controllo da parte di un’autorità centrale o comunque centralizzata. Grazie alla tecnologia blockchain gli utenti potranno utilizzare e partecipare alle cosiddette Decentralized Autonomous Organization (DAO) per interagire, sfruttando la vera potenzialità del Web 3.0: ogni utente sarà esclusivo titolare e proprietario dei suoi dati e le sue interazioni con gli altri utenti non dovranno necessariamente essere intermediate o dipendere in qualche modo da un provider.
Certamente siamo consapevoli dei vincoli tecnici – sul piano della performance e della sostenibilità ambientale – che rendono problematico, allo stato attuale, l’impiego di tecnologie come blockchain per lo sviluppo di mondi virtuali tridimensionali.
Immersività e spazializzazione dell’esperienza
Il terzo punto fermo è relativo al carattere tridimensionale e immersivo della nuova esperienza virtuale. In fondo il Metaverso potrebbe anche essere descritto come un Web 3D. Tridimensionalità e immersività costituiscono la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per rendere l’esperienza online più realistica, ricca e coinvolgente. Il 3D concorre a rispazializzare l’esperienza. Mentre nel Web 2.0 lo spazio è ciò che manca più di ogni altra cosa, nel Metaverso lo spazio dovrebbe essere il medium che rende possibile tutto. Ciò risponde a un bisogno che sembra insito nella nostra antropologia, quello di mappare cognitivamente gli spazi in cui risiedono le informazioni da processare, per poterle comprendere e ricordare.
Il recente lancio di Apple Vision Pro ci suggerisce un’ulteriore riflessione. Probabilmente Apple ha ragione, nel suggerire che la spazializzazione dell’esperienza non si ottiene solo tramite il 3D, ossia la tecnologia della realità virtuale, ma anche attraverso lo spatial computing, ossia la capacità della macchina di riconoscere lo spazio fisico circostante, interagendo con esso e con gli oggetti reali.
Il Metaverso che vogliamo: apertura e inclusione
Alle tre condizioni indicate dal World Economic Forum il nostro Manifesto aggiunge quella dell’apertura e dell’inclusione. Vogliamo che lo sviluppo del Metaverso si realizzi:
- nel rispetto della dignità personale, dei diritti e della sicurezza degli utenti;
- includendo tutti, senza alcuna discriminazione;
- favorendo uno sviluppo economico che non sia lesivo della libera concorrenza;
- in un quadro di innovazione aperta e continua.
Un vasto programma, indubbiamente. Ma crediamo che valga la pena di lavorarci.