Si parla di accessibilità nella vita di tutti i giorni, relativa ad uno spazio o nel metaverso. La strada sembra essere ancora lunga, nonostante i passi avanti percorsi.
Progettare per tutti: accessibilità e superamento delle barriere architettoniche
Ma quindi cos’è l’accessibilità? Nella Legge Stanca viene definita come una capacità, nella Convenzione ONU è una misura, nel suo manuale Diodati la definisce come una proprietà, mentre per il MiBACT è una condizione. Ma queste definizioni così sintetiche che troviamo nelle norme e negli studi non sono le stesse che troviamo nel vivere l’accessibilità.
Il concetto di accessibilità inteso come raggiungibilità e fruibilità degli spazi, dei luoghi e delle architetture è un’accezione nuova, un concetto che nel passato non c’era. Questo perché nelle società antiche i fattori più importanti erano la sicurezza o la protezione dal nemico. Ma anche successivamente, durante il periodo dell’umanesimo in cui l’uomo è posto al centro, l’accessibilità non è considerata. In questo periodo, infatti, si prende come riferimento un uomo ideale, l’uomo vitruviano di Leonardo, che diventa simbolo di un’architettura a misura d’uomo. Nell’architettura moderna lo stesso Modulor di Le Courbusier si riferisce ad un uomo ideale e non reale. Per questo la manualistica si riferisce ad un uomo medio o un uomo standardizzato. Ma qual è l’uomo standard?
Martincigh in Obiettivo Accessibilità distingue tre momenti nella fase di progetto. La prima è la fase di progettazione per un’utenza standard, che è un’utenza astratta, ideale. La seconda è una fase di progettazione per un’utenza specifica, su misura, rivolta ad un target con disabilità. La terza riguarda un’utenza ampliata. Per definire questa utenza ampliata si parla di universal design, design for all, accessible design e inclusive design come si affermava prima. Sono tutte forme di design che hanno l’obiettivo di incrementare l’accessibilità. Ma è difficile definire in cosa differiscono.
Non avere quindi una definizione condivisa sul termine di accessibilità nel contesto del progetto, che sia architettonico o di design, significa avere una minore possibilità di misurazione e di valutazione dell’accessibilità.
Accessibilità e usabilità
Cosa si intende per usabilità digitale? L’usabilità digitale indica la facilità di utilizzo da parte di un utente. Un sito web o un’app sono usabili quando rispondono a criteri di efficacia ed efficienza. Devono quindi essere semplici da utilizzare e adattabili alle diverse tecnologie assistite che le persone con disabilità utilizzano per interagire con i sistemi informatici. Nell’interazione con il sistema informatico l’errore deve essere tollerato e considerato. Quindi un sistema informatico è usabile quando è gradevole e dà soddisfazioni all’utente.
Il concetto di usabilità digitale differisce da quello di accessibilità digitale. Ma sono collegati l’uno con l’altro. Accessibilità significa garantire che tutti gli utenti, a prescindere quindi dalle loro difficoltà, possano accedere ai servizi offerti da un sistema informatico. Usabilità significa assicurare che l’accesso ai servizi sia il più possibile semplice, intuitivo, efficiente e gradevole per l’utente.
Come misurare l’usabilità
Quando parliamo di verifiche di usabilità parliamo di verifiche soggettive. Questi controlli si possono effettuare in vari modi. L’AGID, l’agenzia per l’Italia Digitale, ha emanato delle linee guida che descrivono con precisione le procedure da eseguire. Ci sono altri metodi riconosciuti dall’AGID. Tra questi il protocollo eGLU, realizzato da un gruppo di esperti dell’usabilità e le analisi olistiche, basate su determinati standard relativi all’utilizzo del sistema informato. Infine la metodolgia Aspi.
La metodologia Aspi è divisa in tre fasi, preparazione, esecuzione e documentazione. Gli attori coinvolti sono quindi il committente, ovvero l’azienda che vuole effettuare delle prove sul suo sistema informatico, il coordinatore della prova che normalmente è una persona esperta di disabilità e le persone con diversi tipi di disabilità. Questi ultimi hanno quindi il compito di testare il sistema informatico e riportare feedback al fine di migliorare l’esperienza relativa all’usabilità. Si cerca quindi, in questo modo, di creare una società più accessibile per tutti.
Accessibilità 3.0: Meta e l’AI
«La missione di Meta è da sempre quella di creare community e rendere il mondo più unito. E questo è l’obiettivo che ispira ogni tipo di processo interno ed esterno all’azienda. Si parla di persone prima di tutto. Per questo motivo il prodotto deve essere accessibile ed inclusivo per tutti. È un obiettivo olistico, trasversale e globale. L’azienda riflette sul tema dell’accessibilità. E lo fa attraverso un team specifico che riflette e propone requisiti di accessibilità in ogni fase di sviluppo dei prodotti e dei servizi» racconta Claudia Trivilino, Public Policy Manager presso Meta.
E, proprio in questo contesto, Meta ha lavorato per rendere accessibili i social media. Il risultato è il testo alternativo automatico, sviluppato a partire dal 2016. Si tratta di un sistema di intelligenza artificiale che descrive le foto che vengono mostrate sullo schermo dei dispositivi. Nel 2016 il tasto alternativo automatico riconosceva 100 oggetti. Nel 2021, grazie ad un feed costante del sistema di intelligenza artificiale, gli oggetti che è possibile identificare sono 1200. Viene inoltre migliorato il grado di precisione con cui si identica ciò che appare sullo schermo. Al momento è possibile identificare ad esempio il tipo di cibo che viene mostrato in sovrimpressione o il tipo di sport che viene praticato.
I sottotitoli automatici sono un altro strumento utilizzato da Meta per offrire un servizio più accessibile. I sottotitoli si autogenerano per Facebook live, workplace live, stanze audio in diretta, ma anche per le inserzioni, le pagine e di gruppi. L’automaticità vale anche per i video che i creatori di contenuti pubblicano su Instagram.
Il metaverso è accessibile?
Lo stesso metaverso deve essere accessibile per questo viene definito come una realtà virtuale, immersiva e tridimensionale che permetterà di rendere le esperienze online sempre più coinvolgenti ed inclusive per tutti. E proprio per renderlo accessibile Meta ha definito i virtual reality checks, linee guida che gli sviluppatori devono seguire per rendere accessibile la realtà virtuale.
E non poteva essere diversamente visto che il metaverso potrebbe diventare “un luogo” di aggregazione per utenti con interessi simili, oltre Aad avere un ruolo fondamentale nel gaming.
Una strada ancora in salita
L’accessibilità è un tema molto ampio. Non si parla solo di accessibilità digitale ma anche di quella legata mobilità, allo studio, al diritto al lavoro, al diritto alla cultura, ai musei, al tempo libero, allo sport, alla vacanza. In tutti questi settori la parola accessibilità si sta facendo spazio ma la strada sembra essere ancora lunga.
Nel 2017 Sauro Cesaretti e Stefano Ottaviani, consapevoli dell’inadeguatezza della tecnologia nei confronti di persone con disabilità, hanno un’idea. Il loro obiettivo è quello di sensibilizzare sviluppatori, designer, maker, creatori ed editori di contenuti, ed in generale tutte le persone che si occupano di tecnologie digitali per creare una società più accessibile. Ed è così che nascono gli Accessibility Days.
L’evento si è tenuto venerdì 20 e sabato 21 maggio e sono intervenuti esperti dal mondo del design, dell’architettura e della tecnologia.
Tra i relatori anche Andrea Saltarello, fondatore di UGIdotNET e parte del team che ha contribuito all’organizzazione dell’evento, di cui avevamo raccontato la storia in passato.
Gli Accessibility Days
«Dobbiamo plasmare questo mondo e renderlo senza barriere digitali e fisiche.»
«L’accessibilità è una sfida da vincere insieme. L’obiettivo è raggiungere l’accessibilità per tutti i tipi di disabilità. Insieme, con un obiettivo condiviso, è più semplice e sicuramente più efficace.»
«L’accessibilità è libertà. L’accessibilità è un prerequisito necessario per il pieno godimento delle persone con disabilità dei diritti umani e delle libertà fondamentali. È un ambito che tocca tutti gli ambiti della vita. Le persone hanno diritto di vivere in un contesto accessibile.» Così viene dato il benvenuto al pubblico agli Accessibility Days 2022.
«Molto spesso il termine accessibilità viene confuso e considerato sinonimo di altri termini. Ma ogni parola ha le proprie specificità. Neanche i dizionari sono d’aiuto definendo l’accessibilità come la capacità di rendere accessibile. Solo nel Garzanti viene espressa una definizione più estesa in cui si contestualizzata l’accessibilità. Viene infatti esplicitata che la capacità di rendere accessibile è relativa ad un sito web. Quindi per capire il significato del termine accessibilità dobbiamo prendere altri riferimenti, altre fonti.» interviene Dina Riccò, professoressa presso il Politecnico di Milano.
Anche nel contesto della progettazione nell’architettura e nel design gli specialisti hanno difficoltà a distinguere espressioni che sono fra loro simili. Si parla quindi di bisogno accessibile, di design inclusivo, di universal design e di design for all.
Dina Ricco conclude così. «Sono quindi arrivata ad una definizione di accessibilità interessante. Quella espressa da Iverson in uno studio dedicato proprio all’accessibilità nel contesto del design. Egli afferma che l’accessibilità è un concetto relativo. Implica problemi che sono legati agli artefatti, all’ambiente, agli spazi e problemi che invece sono legati alle caratteristiche della persona. Quindi l’accessibilità deve rispettare norme e standard ufficiali. Ma bisogna andare anche oltre».
L’accessibilità nella vita quotidiana
Purtroppo, malgrado la consapevolezza, i discorsi e normative la strada da fare quando si parla di accessibilità è ancora lunga e la mancanza di una definizione condivisa e condivisibile è solo un esempio di quanto complesso sia questo tema.
Noi come Spindox ci impegniamo quotidianamente per cercare di abbattere ogni tipo di barriera architettonica, sociale, culturale che si frappone tra la persona e la realizzazione delle proprie aspirazioni e dei propri obiettivi. E in mancanza di una definizione ufficiale a cui attingere ci rifacciamo alle parole di Don Milani della scuola di Barbiana: “non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”. Riconoscere l’unicità di ognuno è il primo passo per costruire un mondo egalitario, reale o digitale che sia.